PEREGRINAGGIO DI TRE GIOVANI FIGLIUOLI DEL RE DI SERENDIPPO - PROLOGO
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PEREGRINAGGIO DI TRE GIOVANI FIGLIUOLI DEL RE DI SERENDIPPO - PROLOGO Fu anticamente nelle parti orientali, nel paese di Serendippo uno grande, et potente Re nominato Giaffer, il quale ritrovandosi tre figliuoli maschi, et conoscendo di dover quelli lasciar signori di gran potere, come saggio, et amorevol padre, dilibero anco di lasciarli di tutte quelle virtu dotati, che à prencipi sono richieste.

Onde fatta gran diligenza per tutto lo stato suo, condusse alcuni huomini in diverse scienze singolari, et assignata à loro una stanza tanto ampla et grande quanto allo stato suo acconvenia, dove alcun'altro non havesse ad entrare; commise loro la cura, et la disciplina dè figliuoli, accertandoli, che cosa maggiormente grata à lui far non poteano, che ammaestrarli di maniera, che potessero essere conosciuti per degni figliuoli di lui.

Onde havendo i precettori dato principio à disciplinare i giovani tanto s'isforzarono, ciascuno nella profession sua di soddisfare al commandamento del lor signore, che fecero i figliuoli, i quali erano di bellissimo ingegno dotati, fra non molto spatio di tempo nelle scienze, et in quelle cose, che à prencipi si richieggono, sopra tutti gli altri dell'età, et conditione loro saggi, et saputi.

Il che havendo essi fatto un giorno intendere al Re, non potendo egli credere, che si tosto havessero fatto tanto gran profitto, dilibero di farne di ciò egli stesso prova. Ne guari di tempo stette, che, chiamato à se il figliuol maggiore, gli parlò in guisa tale:.

— Tu sai, figliuol mio, quanto lungamente io ho sostenuto il carico d'uno tanto imperio, et il governo di cosi gran regno, et come secondo le forze mie io ho sempre havuta cura di reggere i miei popoli, et vassalli con quello amore, et carità, ch'io ho potuto maggiore, et di essequire quantopiu per me si è potuto il commandamento di Dio. Hora ch'io sono à così grande età arrivato, giusta cosa è, che, havendo tanto tempo havuta cura del beneficio de miei sudditi, et delle provincie al regno mio soggette, questo poco di vita, che mi avanza io rivolga il pensiero à me stesso, et alla salute dell'anima mia.

Onde havendo statuito di ritirarmi in un monasterio non guari lontano, dove chetamente, io possa considerare i peccati miei, et l'offese fatte à l'anima mia, facendone quella penitenza maggiore, ch'io potrò, per acquistare la misericordia del signor Dio, et impetrar da lui d'ogni offesa perdono, ho voluto chiamarti dinanzi à me, per commandarti, che essendo tu il mio maggior figliuolo, tu habbia à succedere nel governo di questo stato, et imperio mio; pregandoti primieramente, che tu voglia ricevere i tuoi fratelli in luogo di figliuoli, et di haver di loro quella cura, et abbracciarli con quell'amore, che s'acconviene.

Dipoi, che osservando uguale giustitia à ciascuno, tu habbia in tutte l'operationi tue la divina Maestà dinanzi à gli occhi, reggendo con carità, et amore i sudditi, et vassalli dell'imperio tuo, et massimamente quelli, che in povero, et misero stato si ritruovano, raccogliendo sempre, et honorando con ogni sorte d'ufficio gli huomini vecchi, et di età grave, et castigando i rei, et malvagi, con far ogni tuo potere per essequire le leggi, et ordini di sua Divina maestà, et di questo imperio -.

Di cotai parole, et diliberatione del padre datasi non mediocre ammiratione il saggio, et prudente figliuolo, fattagli primieramente la debita riverenza, gli ripose dicendo:.

– Sire, io ho benissimo inteso la diliberatione, et consiglio vostro, con quanto mi havete imposto, ch'io abbia ad essequire. Ma perché conosco biasimevol cosa essere, ch'io, vivendo voi, habbia à reggere, et occupare l'imperio vostro, et so anco, che non si può ritrovare occhio alcuno di grandezza tale, che sopravanzi il ciglio, et che niun splendore si può ritrovare à quel del sole del regno vostro, non giudico acconvenirsi, ch'altri l'habbia à reggere, et possedere.

Onde tutto ciò, che mi commandarete, io sono prontamente per esseguire, ma non sie gia mai, che, vivo voi, à cui nostro signore di lunghi, et felici anni faccia dono, io habbia nel regno à succedere.

Quando avenga poi, che il signore Iddio à se vi chiami, all'hora si ch'io di quello ne prenderò la cura, et governo, et secondo i saggi, et santi ricordi di vostri, quanto più per me si potra, mi sforzero di giustamente, et co 'l timore di sua divina maestà reggerlo, et amministrarlo –.

Di cotal risposta del prudente figliuolo, ne rimase il Re molto consolato, et lieto, havendo col mezzo di questa prima prova conosciuto in lui quelle virtu, che à saggio, et modesto prencipe si acconveniano.

Mà dissimulato per all'hora il contento del cor suo, licentio da se il figliuolo; et volendo far de gl'altri due l'istessa isperienza, chiamò incontanente à se il secondo. Et usatagli la medesima forma di parole, che al primo, hebbe da lui la seguente risposta:.

– Sire, lungo, et felice sia l'imperio vostro, et concedavi il signor Iddio l'eta di Noe, ditemi di gratia s'hora uscisse della sua picciol stanza la formica serebbe egli possibile, che potesse uno imperio reggere, et governare? Che sono io altro, ch'una debole et minima formichetta? Come debbo io accettare l'amministratione di uno tanto regno? Poscia non si ritrova egli vivo, et sano il mio fratello, vostro maggior figliuolo, il quale di ragione di voi ha da essere successore? –.

Della pronta, et saggia risposta del secondo figliuolo ne rimase il re infinitamente sodisfatto, et il signor Dio, che di si degno figliuolo l'havesse fatto padre, humilmente, et con pietoso core ringratiò. Et questo anco da se licentiato, fatto venir alla presenza sua il minore, l'istesso sermone con lui anco usò, che co gl'altri di gia usato havea. À cui il giovanetto rispondendo incominciò à parlere in cotal guisa:.

– Come posso io Sire, à cui il S. Iddio molti anni in felicita viver conceda, come poss'io, dico, il quale sono anchora tenero fanciullo, si grave, et importante carico accettare? Io mi conosco di essere à guisa d'una picciol goccia d'acqua, et l'imperio vostro ad un amplo, et infinito mare assomigliarsi. Come potrebbe egli essere, ch'io potessi, ò sapessi uno tanto imperio amministrare? Ma perciò che voi mi vedete cosi fanciullo, mi beffate, et comandandomi cose di tanto momento, de casi miei vi prendete diletto.

Io Sire come, che sia fanciullo, ho però tanto d'ingegno (Iddio merce) che conosco le forze, et poter mio, et mi aveggo, che ad ogni modo mi beffate; perciò che quando ciò non fusse, non ho io due fratelli maggiori, à cui voi harreste si grande soma dell'imperio assignata? –.

Dell'accorta risposta del fanciullo diedesi il re infinita ammiratione, et havendo in lui una mirabile accutezza d'ingegno scorta, ne rimase infinitamente consolato. Et cosi accertatosi del ragionamento fatto cò tutti tre i suoi figliuoli del molto profitto, che havevano fatto nelle scienze, et intese le saggie, et prudenti risposte, che date gl'haveano, dilibero per farli compiutamente perfetti, che andasseo à vedere del mondo, per apparare da diversi, costumi, et maniere di molte nationi coll'isperienza quello, di che colla lettione de libri, et disciplina de precettori s'erano di gia fatti padroni. Et chiamatili à se il seguente giorno, fingendo di essere gravemente adirato, et dimostrando d'haver havuto molto a male, che alcuno di loro nel ricevere la cura dello stato suo non l'havea voluto ubidire, uso loro cotai parole:.

– Poscia che alcuno di voi non havete voluto il commandamento mio esseguire, il che non mai mi harei io potuto persuadere, fate, che in termini di giorni otto habbiate ad uscir fuori dè confini dell'imperio mio: per ciò che come disubidienti, et malvagi figliuoli, io non voglio, che più vi habbiate à dimorare –.

Di questo accidente rimasero infinitamente dolorosi i figliuoli: et intesa la volunta del padre, incontanente postisi in peregrinaggio, usciti del regno di lui, nello stato d'uno grande, et potente Imperadore, Beramo nominato, arrivarono. Quivi nel camino non guari luntano dalla citta imperiale, abbattutisi un giorno in uno gambelliere, à cui era fuggito uno gambello, furono da lui dimandati, se per aventura quello nel camino veduto havessero; et percioche essi haveano nella via l'orme, et pedate di tal animale vedute, s'immaginarono di dirgli, che l'havevano nella strada ritrovato, Et à fine che egli di ciò havesse a prestar lor fede, come erano prudenti, et saggi, havendo del perduto gambello molti indicii veduti, gli disse incontanente il maggiore:.

– Dimi, fratello, il gambello, che tu hai perduto, non è egli cieco d'un'occhio? – Al che havendo il gambelliere risposto, che cosi era, seguito il secondo, et, disse:.

– Deh dimmi, oltre l'essere cieco, non gli manca anco uno dente in bocca? – Il che havendo affirmato il gambelliere, gli fu dal terzo soggionto:.

– Serebbe egli anco per aventura zoppo? – Et ciò anco havendo confirmato il gambelliere:.

– Questo gambello, habbiamo (dissero eglino) di certezza, non ha molto, incontrato nel camino, et l'habbiamo lasciato buon pezzo à dietro –.

Onde il gambelliere tutto lieto, ringratiati i tre fratelli, postosi per la strada da loro mostratagli à cercare il suo gambello, caminò per venti miglia, ne quello mai pote ritrovare. Onde stanco, et doloroso ritornando, ritruovò il seguente giorno i giovani non guari luntano dal luogo, dove lasciati gli havea, i quali presso d'uno chiaro fonte assetati, s'erano posti à mangiare. Et quivi con esso loro lamentandosi di non havere il gambello ritrovato, lor disse:.

In risposta di che gli disse il maggiore fratello:.

– Da segni, che noi ti habbiamo dato, tu puoi ben considerare, se noi ti habbiamo beffato, ò nò; ma à fine che tu non habbia sinistra opinione di noi, io ti do quest'altro segno, che 'l tuo gambello era carico, et dall'un canto era la soma di butiro, dall'altra di mele.

– Et io, soggiunse il secondo, dicoti che sopra il tuo gambello vi era una donna.

– Et questa donna, disse il terzo, accio che tu conosca, che noi il vero ti diciamo, ti affermo essere gravida –.

Udite queste parole il gambelliere, et facendosi à credere, che i giovani per i molti, et veri indicii, che dati gli haveano gl'havessero il gambello rubbato, il quale egli nel camino da loro dimostratogli non havea potuto ritrovare; diliberò d'andare alla ragione, et accusare i giovani, che il suo gambello nella via rubbato gl'havessero. Onde dinanzi al giudice comparsò, et i tre fratelli del commesso latrocinio gravemente accusando, furono posti in prigione. Questo fatto pervenuto all'orrecchie dell'Imperadore gli diede alcuna noia, facendo egli massimamente usare ogni diligenza, à fine, che per lo regno suo sicuramente et senza timore de' malandrini si potesse caminare. Onde tutto turbato, fatti il seguente giorno condurre i giovani alla presenza sua, et chiamato anco il gambelliere, volle da lui, presenti i giovani, di tutto 'l successo essere informato. Il quale pienamente dal gambelliere inteso, con certi indicii à lui del perduto gambello da giovani dati, tutto turbato à loro rivolto, disse tai parole:.

– Voi havete intesa l'oppositione hora fattavi dal gambelliere, et perché per segni da voi datigli io ho per cosa certa, gl'habbiate il suo animale rubbato, non l'havendo massimamente per grande diligenza, ch'ei fatta s'habbia nello camino da voi mostratogli, potuto ritrovare, come che giustamente, per cotal misfatto deverei à morte condennarvi, nondimeno essend'io naturalmente più tosto alla clemenza, che alla severità rivolto, ho diliberato, prima che farvi morire, che incontanente il rubbato gambello habbiate à ritrovare. Il che ove da voi non sia senza alcuna dimora fatto; farovvi dimane per tempo di morte, à malandrini richiesta, vituperosamente morire –. I giovani udite le parole, et diliberatione dell'Imperadore, come che di cotal successo fussero alquanto dolorosi, nondimeno dalla coscienza, et innocenza sua racconsolati, in cotal guisa gli risposero:.

Noi Sire siamo tre viandanti, i quali andiamo in peregrinaggio, et per niuna altra causa, che per vedere diversi paesi, et le maraviglie, ch'in questo mondo si ritruovano, ci siamo à cotale impresa posti. Onde capitati nel regno vostro ci incontrammo non guari luntano da questa città nel presente gambelliere, il quale dimandatici, se havevamo per aventura uno gambello, che egli perduto havea nello camino ritruovato, come che noi non l'havessimo altrimenti veduto, nondimeno havendo nel camino del perduto gambello molti indicii veduti, gli rispondemmo burlando, che l'havevamo incontrato. Et à fine, che egli alle parole nostre havesse à prestar fede, del suo gambello gli dessimo, què segnali, che da esso gambelliere vi furono detti. I quali essendo à caso riusciti veri, ne havendo egli per lo camino da noi mostratogli il suo gambello potuto ritrovare, ingiustamente incolpatici, che noi gl'habbiamo l'animale suo rubbato, ci ha condotti alla presenza vostra; et ingiuriati, come voi vedete. Questo, che noi vi dicemo, è la verità; che quando altrimenti si ritruovi, ci contentiamo, che di qualunque aspra, et crudel morte, che à voi piaccia, ci facciate morire. Udite l'Imperadore le parole de' giovani non si potendo persuadere, che i sei segnali al gambelliere dati potesser'à caso esser tutti riusciti veri, lor disse:.

– Io non penso gia, che voi siate tre profeti, ma sì bene tre stradaiuoli, che andate assasinando le persone, che nel camino ritrovate, et per ciò lo cred'io, che pure in uno de' sei indicii del perduto gambello, quali voi havete al gambelliere dati, non havete errato –.

Et cosi fattili nelle carcere ricondurre, avenne fra quel mezzo, che uno vicino del gambelliere andando per suoi affari ritrovo per la strada il perduto animale; et riconosciutolo, et presolo, nel ritorno al padrone, che gl'era vicino, lo consignò. Onde il gambelliere dell'errore suo avedutosi, considerando in quanto gran pericolo per sua cagione i giovani si ritrovassero, corse incontanente all'Imperadore: et fattogli intendere, come egli havesse il gambello suo ritrovato, humilmente, et con grand'istanza supplicollo, che gli innocenti giovani havesse di prigione à rilassare.

Inteso l'Imperadore cotal successo, doloroso molto d'haver i miseri giovani incarcerati, non havendo essi massimamente delitto alcuno commesso diede ordine, che incontanente fussero tratti di prigione, et alla presenza sua condotti. Il che senza alcuna dimora da ministri essequito, primieramente s'iscusò con loro d'haverli per ingiusta oppositione del gambelliere fatti incarcerare: poscia disideroso d'intendere come havessero saputo gl'indicii del perduto animale indovinare, fece lor molta instanza, che gl'havessero ciò à palesare. Onde volendo ad ogni modo in ciò i giovani all'Imperadore sodisfare, gli disse il maggiore:.

– A ciò mi accorsi io, Sire, che 'l perduto gambello d'un'occhio cieco si ritrovava, che camminando noi per la strada, d'onde egli passato era, vidi da l'un canto di quella, che dalla altra parte si ritrovava, era tutta roduta, et mangiata, et dall'altro canto era intiera, et sana. Ond'io mi feci à credere, che egli di quell'occhio cieco fusse, con che sopra la parte, dove la buon'herba giacea, non potea vedere; percioche non harebbe mai la buona per la malvagia lasciata –. Seguitò il secondo, et disse:.

– Sire, che 'l gambello senza uno dente fusse à ciò m'avidi, che nel camino ritrovai quasi ogni passo bocconi d'herba masticata di tal misura, che potevano per quanto tiene lo spatio d'uno dente di tal animale passare –.

– Et io Sire, disse il terzo, che 'l perduto gambello fusse zoppo guidicai, percioche l'orme di tre piedi dell'animale chiaramente scorgendo; del quarto m'accorsi, per quanto potevo per i segnali considerare, che dietro si lo strascinava –. Dell'ingegno, et prudentza de giovani rimase l'imperadore molto stupefatto, et disideroso d'intendere, come gl'altri tre segnali havessero saputio indovinare, caramente pregolli, che anco quelli gli raccontassero. Onde per compiutamente alle dimande di lui sodisfare, l'uno de giovani disse:.

– Sire, che la soma dell'animale fusse dall'un canto di butiro et dall'altro di mele à ciò mi accorsi, che per lo spatio bene d'un miglio dall'una parte della strada io vidi un'infinita moltitudine di formiche, che 'l grasso appetiscono, dall'altra incredibile numero di mosche, che il mele tanto amano à pascolare.

– Et che una donna vi fusse sopra, disse il secondo, per ciò io giudicai, che veduto l'orme dove il gambello inginocchiato s'era, scorsi anco la forma di uno piede humano, il quale come, che à me di donna paresse, non dimeno, per cio che anco di fanciullo esser potea, di ciò in questa maniera m'accertai, che veduto, che presso la forma del piede era stato orinato, posi nell'orina le dita, et la volli odorare: onde incontanente fui assalito dalla concupiscenza carnale, et di qui è, che quel piede di donna esser credei –. Il terzo disse:.

– Che questa donna poi fusse pregna, m'avidi dall'orme delle mani, che in terra si vedeano, havendo ella per il carico del corpo colle mani dopo orinato aitata se stessa à levare in piede –. Infinita ammiratione diedero al re le parole de' giovani, de quali egli facendo per il loro ingegno stima incredibile, dilibero in ogni maniera di accarezzarli, et honorarli in quella guisa, che al singolare loro valore era richiesto. Et una ricca stanza nel proprio palagio suo fatta preparare, quelli caramente pregò, che alcun tempo con esso lui fussero contenti di dimorare, accertandoli il meglio, che pote, dalla molta stima, che egli del pronto et alto loro ingegno facea. Onde vedutisi i giovani si fattamente da uno tanto prencipe honorare, resegli infinite gratie della molta sua cortesia, si dimostrarono prontissimi ad ogni suo disiderio di sodisfare. Onde dal proprio Imperadore nelle preparate stanze accompagnati, realmente nell'avenire furono trattati, ne mai giorno passava, che quatr'hore al meno l'imperadore con loro diversi ragionamenti facendo, non prendesse della molto loro prudenza, et pronto ingegno infinito diletto; et alle volte anco nascondendosi in un camerino alla lor stanza vicino, udendoli sempre d'alte cose à favellare da loro contentissimo si partiva.

À questi giovani facendo egli delle proprie sue vivande dar'à mangiare, avenne un giorno, che apparecchiato il desinare, loro fece uno grasso agnello fra molti altri dilicatissimi cibi, et uno fiasco di precioso vino presentare, et egli nel camerino ritiratosi i loro ragionamenti stava con molto diletto ad ascoltare. Hor postili i giovani à tavola, et cominciato dell'agnello à mangiare, et à gustar del vino che l'Imperadore mandato lor havea, disse, il maggiore:.

– In vero io giudico, che la vite di dove è venuto questo vino, che per tanto precioso ci è stato hoggi potato sia nata in una sepoltura, ne penso, che possa essere altrimenti –.

– Et à me, disse il secondo, non potrebbono far credere tutti i savi del mondo, che questo agnello, c'hoggi ci è stato posto dinanzi, non sia con latte di cagna nutricato –.

Ne guari stette il terzo à dire: – Fratelli, molto mi duole d'una cosa, di che istamane mi sono aveduto, et questo è, c'havend'io potuto per alcuni segni comprendere, che questo signore, da cui noi tante cortesie habbiamo ricevute, ha per misfatti fatto uccidere uno figliuolo del suo consigliere, il padre altro al presente nel pensier non rivolge, che come facendo il suo signore morire possa della morte del figliuolo vendicarsi –.

I ragionamenti de' giovani havendo l'Imperadore ottimamente intesi, et essendo per le parole del terzo assai turbato, entrato nella stanza loro, et dissimulato il dolore del cuor suo:. – Deh che belli ragionamenti fate voi? lor disse. À cui fatta i giovani riverenza risposero, che per all'hora d'altro non ragionavano, et che posto fine al desinare, si volevano levare dalla mensa. Mà egli, facendo molta instanza che gli havessero de' loro ragionamenti à far parte, et accertandogli, che, prima che quivi entrasse, uditi gli havea, non potendo ne sapendo essi la verità occultare, il tutto ordinatamente, come desinando divisato haveano, gli raccontarono. Et incotal guisa con essi per alquanto spacio dimorato, alla sua stanza se ne ritornò, et fatto incontanente à se venire quello, che della sua cantina havea la cura, et interrogatolo in qual parte del paese fusse stato fatto quel vino, che egli la mattina à giovani mandato havea, inteso il tutto, fece il padrone della vigna à se chiamare. Il quale giunto alla presenza sua, dimandatolo, se quella vigna, della quale egli havea la cura, fusse anticamente vigna, ò se pure modernamente di fabriche, o campi non coltivati fusse stata à coltura ridotta, intese, che dove all'hora era essa vigna, la quale si precioso vino producea, dugento anni prima solea essere cimitero, et sepolture di corpi morti.

Onde di ciò accertato, et conosciuto esser vero ciò, che il giovane detto havea, volle anco accertarsi di quanto havea il secondo raccontato: perciò che della propositione del terzo non era necessario, che alcuno n'interrogasse, sapendo egli stesso di havere fatto uccidere per suoi misfatti il figliuolo del suo consigliere. Et dato ordine, che 'l pastore della sua greggia à se fusse chiamato, dimandatolo con che sorte di pastura havesse l'agnello ingrassato, che quel giorno per la tavola sua havea fatto uccidere, egli pallido, et tutto tremante divenuto, rispose, che d'altra pastura l'agnello, che ancora tenero era, non era stato nutricato, che del latte della madre.

Ma avedutosi l'Imperadore per lo timore, che nel pastor vide, che non gl'havea il vero narrato, gli disse: – Io veramente conosco, che tu mi narri il falso: onde ti affermo, che non mi facendo hor'hora palese la verità, farotti incontanente di crudele, et aspra morte morire. – Deh Sire, – replico il pastore, – piacendovi di donarmi la vita, narrerovvi veramente il tutto –. Il che dà lui promessogli, gli disse:.

– Sire, essendo l'agnello ancor piccolino, et pascolando un giorno la madre alla campagna, luntanatasi alquanto, mi fu dal lupo rubbata, et havendo à caso la cagna, che alla guardia dello greggio io tengo, in que' giorni i suoi cagnolini partoriti, non sapend'io ritrovar strada migliore di far il picciol agnello nutricare, alla poppa della cagna attaccatolo, fu da quella si fattamente allevato, che giudicatolo degno cibo di voi, et uccisolo, lo vi mandai istamane, et al maggiordomo vostro lo consignai –. L'imperadore, che ciò intese, comincio veramente à credere, che questi giovani havendo cosi alto, et degni spirito, fussero di virtu profetica dotati, et licentiato il pastore, ritornato a giovani uso loro tai parole:.

Tutto cio, che voi mi havete narrato. ho ritrovato vero, et mi fo à credere, che sendo in voi una si nobile, et alta virtu, come è l'arte dell'indovinare, tre altri huomini à voi somiglianti nel mondo tutto non si possano ritrovare. Ma ditemi di gratia, che indicio havete voi hoggi alla tavola havuto, per lo quale le cose da voi raccontatemi vi habbiate potuto imaginare? Onde rispondendo il maggiore disse:.

– Che 'l vino, Sire, c'hoggi ci havete fatto recare fusse di vite in sepoltura nata uscito, per ciò m'avidi, che tanto sto ch'io n'hebbi il primo bicchiere bevuto, si come suol sempre il cuore dell'huomo pel vino allegro, et lieto divenire, così io mi senti da una profonda mestitia, et malinconia esser'assalito; onde giudicai il vino, havendo io in me sentito cotale effetto, d'altro luogo, che di alcun cimitero non poter esser uscito –.

– Et io, soggionse il secondo, havendo alcuni bocconi dell'agnello mangiato, et sentendomi la bocca salata oltre modo, et di schiuma ripiena, m'accorsi esso agnello d'altro latte, che di cagna non esser stato nutricato –.

– Et perché Sire, seguitò il terzo, io mi aveggo, che voi con gran disiderio aspettate d'intender anco da me, come io dell'animo del consigliere vostro, pieno di mal talento, contro l'Imperial vostra persona mi sia potuto accorgere; havete à sapere, che ragionando voi l'altr'hieri sopr'a 'l castigo de' malvagi, ritrovandoci noi dinanzi à voi, vidi il vostro consigliere tutto cangiarsi in faccia di colore. Il quale con mal occhio guardandovi, assalito dalla sete, dimandò dell'acqua da bere, la quale suole il fegato rinfrescare. Et perciò feci io giudicio, che minor offesa non havesse egli da voi ricevuta, che la morte d'un suo figliuolo –.

L'imperadore, che i giovani in ciascuna cosa viridichi havea ritrovati, di ciò molto turbato, gli rispose:. – Io sono più che certo, che 'l fatto sia come appunto tu mi lo hai narrato, et che il consiglier mio altro nel pensier suo non rivolga, che come potermi uccidere, per vendicarsi del suo figliuolo, il quale giustamente io per suoi misfatti à morte condemnai. Mà questa cosa come può egli essere, ch'io dalla bocca di lui possa farmi confessare? Perciò ch'io giudico, che per gran tormento ch'io gli dia, egli non me ne dirà mai parola. Onde non havendo la confessione di bocca sua, non lo potrò giustamente condemnare. Però conoscendovi io di bellissimo ingegno dotati, so, che à ciò per voi alcuno rimedio sera ritrovato.

– Il rimedio, rispose il giovane, Sire, sie pronto, ove il conseglio mio vogliate esseguire. Ha il vostro consigliere, per quanto io ho udito à ragionare, una sua concubina, la quale egli molto ama, et ad essa d'ogni suo segreto suol far parte. À questa donna se voi havete mezzo di far intendere, che sete dell'amor di lei talmente preso, che vi sentite morire, et che cosa non è, che voi per lei non siate per fare, sempre che ella dell'amor vostro voglia accertarsi, havendo, come nella maggior parte delle donne suole avenire, lunghi i capelli, et corto il cervello, conoscendosi bella, agevolmente si farà à credere, che disideriate, che essa dell'amor suo vi faccia dono. Poscia, essendo voi suo prencipe et signore giudico, che incontanente habbia in poter vostro à venire, et in cotal guisa sono io certo, che d'ogni machinatione, che contra la persona vostra habbia il consigliere in animo di fare, dalla proprio bocca di lui siate per accertarvi –.

Piacque infinitamente all'Imperadore il conseglio del giovane, et ritrovata una prudente, et saggia messaggiera, fingendo di ferventemente amare la donna del suo consigliere, l'animo suo tutto gl'aperse, et le commando, che senza alcuna dimora havesse cotale ufficio, ad essequire. Onde ella al commandamento di lui presta, ritrovata occasione d'essere con lei, le scoperse l'animo del suo signore, et dissele, che agevolmente potrebbe egli ò facendo il consiglier morire, ò vero operando, che ella un giorno fusse da suoi ministri rapita, haverla in poter suo, mà che parendole ciò atto da tiranno, et non da giusto, ne humano prencipe, non voleva in ciò alcuna violenza usare, caramente pregandola, che à piacere di lui volesse acconsentire. Udite la donna del consigliere le parole della messaggiera, infiniti preghi le porse, che al re dell'amore, che le portava, in nome suo rendesse gratie infinite, con dirgli, che, essendo ella donna di sì picciol fortuna, si dava grande ammiratione, come havesse egli si bassamente il pensier suo collocato; et che nondimeno ella era presta ad ogni suo piacere; mà che, essendo tanto dal consigliere custodita, altro, che un sol mezzo à ciò ritrovare non sapea, il quale à lei scoprirebbe, ove però primieramente ella giurasse di non havere ad altri che all'Imperadore suo Signore quanto allhora le dicea di palesare.

Onde fattole la messaggiera solenne sacramento di silentio, le cominciò à dire in guisa tale: – Tu hai à sapere, che 'l consigliere, nel cui potere io mi ritrovo, ha contra l'Imperadore nostro prencipe uno malvagio, et crudel pensiero, ne ha la mente ad altro rivolta, che come possa farlo morire, havendo preparato una bevanda velenata, et aspettando occasione di fargli uno convito, et con quella dargli la morte, et di ciò io sola consapevole sono: et come che io havessi in animo di fare in ogni maniera sapere all'Imperadore si grave misfatto, nondimeno fino ad hora non mi è mai venuta l'occasione. Onde tu gli paleserai tutto questo fatto, dicendogli, che, ove gli sia nel fine del convito, che dal consegliere gli serà fatto, per lui presentata una tazza di cristallo con una bevanda, egli per niente non la debba accettare, per essere quella tutta di veleni stillata, mà che la faccia à lui bere, che cosi castigandolo del misfatto, gli darà la morte, et trarra me dalle mani di si malvagio traditore, et in cotal guisa m'harrà sempre ad ogni suo piacere –.

La messaggiera ottimamente inteso quanto dalla donna del consigliere le era stato narrato, presa da lei licenza, et incontanente al prencipe ritornata, il tutto ordinatamente gl'ispose. Onde, havendo egli in que' giorni havuta una gran vittoria contra uno potente, et gran Re, il quale tentava di occupargli il regno, s'imaginò con tale occasione di far in segno d'allegrezza di tanta vittoria doni à principali ministri della corte sua, tra quali havendo il primo luogo il consigliere, si fece à credere, che realmente presentandolo, dovesse dargli cagione di tentare quanto egli di gia diliberato havea. Onde fattogli uno precioso dono, fu da lui con tal'occasione non molti giorni dopo ad uno reale, et magnifico convito chiamato. Onde ito alla stanza del consigliere, et da lui con gran festa, et allegrezza ricevuto, di molti preciosi, et gran doni presentato, s'assettò alla mensa, la quale di dilicatissimi cibi era preparata, et quivi con suoni, et canti celebratosi il convito, essendosi per levare le tavole, il consigliere con sue proprie mani presentata al Re in una tazza di cristallo un'odorifera bevanda gli uso tai parole:.

– Sire, poscia che voi, si alto, et gran signore, vi sete degnato di honorare il convito di me humil servo vostro, io anco con ogni mio potere mi sono isforzato di ritrovar cibi, et vivande degne della persona vostra. Onde havendo fatta fare questa potione, alla quale un'altra simile nel mondo tutto non si ritruova, perciò che oltre molte virtu, che in lei sono, le quali lungo sarebbe al presente à rammemorare, niuna cosa può ritrovarsi, che più possa di questa il fegato dell'huomo rinfrescare, l'ho voluta all'Imperial persona vostra presentare –.

Questa conoscendo l'imperadore, essere la velenata bevanda, che dal consigliere molto prima gl'era stata preparata, sì come dalla donna inteso havea, in cotal guisa gli rispose:. – Tu sai, come io, non ha molto tempo, per misfatti da lui commessi à morte condennai il tuo figliuolo; onde essendo verisimile, che tu per la morte di lui habbia il fegato riscaldato, et ardente oltre modo, io serei discortese, et poco amorevole verso di te mi dimostrarei, ove di questa potione io ti privassi, la quale à te si gran beneficio puo apportare. Onde ricevendola con animo, io te ne fo dono, il quale conoscero esserti grato, ove hor hora alla presenza mia tu la beva –.

Per queste parole dell'Imperadore turbato assai il consigliere, dubitandosi, che nel pensiero suo havesse ad esser vano, incontanente gli rispose, dicendo: – Questa, Sire, essendo cosi rara, et pretiosa bevanda, conosco non à me, ma alla imperial persona vostra acconvenirsi –.

Mà replicandogli egli, che l'havea caro, et amava, come se stesso, conoscendo massimamente l'amore, et riverenza, che egli in ogni tempo gl'havea portata, disse:. – Io conosco il bisogno tuo, et, ove questa potione volessi à te levare, io non sarei cosa degna dell'affettione mia verso di te, essendo certo, che quella à te gran beneficio può apportare, si come à me, ch'il fegato non ho altrimenti riscaldato, di nissuno giovamento essere potrebbe –.

Hor vedendo il consigliere l'instanza, ch'el suo signore gli facea, che la potione da lui presentata gli havesse egli à bere, et dubitando, che 'l tradimento suo fusse stato scoperto: – Sire, disse nella fossa, ch'io volevo far altrui cadere, sono io stesso traboccato, ma perciò che vi ho sempre conosciuto naturalmente alla clemenza rivolto, voglio credere, che poscia ch'io vi harrò data una ammonitione alla vita vostra importantissima, dello error mio mi darete perdono. Ove voi il figliuolo d'alcuno habbiate à morte condennato, il padre di lui non permetterete, che nella corte vostra habbia à conversare.
Sapete, che il figliuol mio per suoi misfatti faceste giustamente uccidere, et io con quante carezze, et doni, che poscia m'habbiate fatti, non mi ho mai potuto il mio grande dolore dell'animo levare, ne mai vi veggo, che confondendomisi tutto 'l sangue, non mi venga in pensiero di darvi la morte; et come che da voi infiniti beneficij, et honori io habbia ricevuti, et che à giusta morte il figliuol mio habbiate condennato, nondimeno io ingiustamente havevo à voi questa velenata bevanda preparata che in cotal guisa à me pareva di dover della morte del mio figliuolo vindicarmi –.

Inteso l'Imperadore il fiero proponimento del suo consigliere, fattogli della vita dono, scacciollo incontanente dalla presenza sua, et assignati tutti i suoi beni al fisco, gli fece intendere, che nello spatio di tre giorni havesse ad uscire de' confini dell'Imperio suo; et rese al signor Dio gratie infinite, che da si grave pericolo l'havesse liberato. Et ricompensata realmente la donna, che si fatto tradimento gli scoperse, ad uno de' prencipali baroni suoi la maritò.

Poscia, ritornato à giovani, narrato loro tutto il successo del convito del consigliere, et altamente presentatili, disse:. – Io non dubito, che essendo voi di tanta prudenza, et di si alto ingegno dotati, che tante cose habbiate saputo indovinare, et che la mia vita dalle mani del disleale, et malvagio consigliere havete liberata, non siate anco per ritrovare rimedio ad uno gran che, ch'io ho al presente alle mani; et veramente conosco, che ciò non mi havete à negare, havendo io hoggimai scorto in cosa, che la vita mia importava, il grande amore, che voi mi portate –.

Onde havendogli essi la lor'opra in ciascuna cosa prontamente offerita, dicendo, cominciò:. – Fu dagli antichi filosofi di questo imperio, i quali i predecessori miei hanno in ogni tempo assai stimato, ritrovata una forma di specchio, il quale essi chiamavano specchio di giustitia; perciò che havea questa virtu, che ove due insieme piativano facendo il giudice quelli in esso guardar, à colui, che ingiusta dimanda facea, la faccia incontanente nera divenia, et quello, che dirittamente si difendea, nel primo suo color rimanendo, dal giudice vittorioso se ne giva.

Onde non facendo all'hora di testimoni mestieri, merce della virtù, che lo specchio havea, vivevasi in tanta quiete, et pace, che al proprio paradiso cotesto imperio si assomigliava; et quello, à cui per la fraude sua la faccia nera divenia, in altra maniera nello pristino stato ritornare non potea, salvo se calato in uno pozzo assai profondo, dove con pane et acqua sola la vita sostentasse, quivi quaranta giorni non fusse dimorato. Dopo la qual penitenza del pozzo cavato, et alla presenza del popolo condotto, il peccato suo confessando, la pristina sua forma ricoverava. Onde per lo timore dello specchio in gran tranquillità vivendosi, et ciascuno dello stato suo contentandosi, davasi opera all'agricoltura, il paese di ciascuna cosa abondava, qualunque povero mercatante, ò forastiere che qui d'altre parti capitava, ricco nella patria sua se ne giva; à nimici di questo imperio il signor Iddio havea tutte le forze levate, et per molti anni una lieta, et felice vita ogn'uno godea. Vivea in quel tempo l'avolo mio, il quale due figliuoli havea, mio padre, un altro mio zio, i quali dopo la morte di lui dell'imperio insieme contendendo, avvenne, che mio padre rimase superiore. Onde aspettando l'occasione il fratello di vendicarsi, si fattamente operò, che fece lo spec specchio con esso fuggendo, in India lo portò. Quivi era reina una vergine, la quale del regno ad uno suo consigliere la cura havea assignata. A' cotesta vergine fu da mio zio lo specchio presentato, et la virtù di quello tutta narratole, la quale però altrove, che in questo regno, non potea dimostrare.

Mà non potendo le parole dell'ambasciatore fare alcuno profitto, ritornato disse, che per lo beneficio c'havea all'hora quel regno ricevuto dello cambio dell'huomo nel cavallo, ò bue, che seco ogni giorno nel mare la mano portava, quella reina non lo volea altrimenti restituire, salvo ove da mio padre non fusse alcuno rimedio alla rovina, che essa mano facea, ritrovato. Mà che avenendo, che da tanta miseria fusse lo regno suo liberato, ella di buon cuore, essendo gl'avoli suoi stati molto amici de nostri predecessori, harrebbe lo specchio restituito. Ma non sapendo mio padre à ciò compenso alcuno ritrovare, non si è mai più la primiera tranquillità potuta ricoverare. Onde conoscendovi io huomini di si alto, et nobil ingegno dotati, mi fo à credere, che, ove voi vi vogliate in ciò adoperare, quel regno dall'infortunio della mano liberando, à me lo specchio, ciò è la quiete, et felicità dell'imperio mio ricoverarete. Il che volendo voi essequire, promettovi di farvi di gran thesoro padroni –.

Vedeasi ogni giorno nella principal citta di quel paese, la quale alla marina era situata, al levare del sole una gran mano dritta, et aperta sopra 'l mare, la quale fino al tramontare non si movendo dal luogo, d'onde era uscita, sopragiungendo la notte, s'accostava al lito, et prendendo un'huomo, nel mare seco lo portava, et così facea di continuo. Onde sin'à quel tempo gran numero d'huomini si era in quel paese perduto. Di che il popolo mesto, et dolente assai, s'imagino di portare lo specchio sul lito del mare all'incontro di essa mano, facendosi à credere, che per aventura alcun rimedio gli potesse dare. Et all'incontro della mano portatolo, questo beneficio ne ricevette, che si come prima un'huomo al giorno, cosi non più un'huomo, ma uno cavallo, ò un bue seco ne portava. Hor per la perdita dello specchio havendo questo regno la pristina felicita smarrita, et disiderando senza fine mio padre di ricoverarlo, mandò alla reina uno suo ambasciatore con offerirle gran thesoro, se glie lo havesse voluto restituire, à ciò facendola con diverse ragioni persuadere; massimamente dimostrandole, che al paese di lei non poteva lo specchio giovamento alcuno apportare; ove questo regno harrebbe nello primiero stato, et tranquillità rimesso.

Intese i giovani le parole, et il bisogno del signore, per le molte cortesie, et honori, che da lui haveano ricevuti, prontissimamente gli promisero di dover in India a passare; d'onde dinanzi alla sua presenza più non ritornerebbono, ove lo specchio insieme non gli havessero riportato. Di che lieto l'Imperadore oltre misura, accompagnateli con alcuni de principali suoi baroni, in India gl'inviò et dopo la loro partenza sperando di rihaverlo ad ogni modo per lo sottile avedimento de giovani felicissima vita trappassava, et de suoni et canti grandemente dilettandosi, da ciascuna parte del paese si faceva de finissimi cantori, et musichi venire, i quali realmente donando, et né giardini, et caccie con essi tutto di trattenendosi, con infinito disiderio il ritorno de giovani stava aspettando.

Avvenne in que' giorni, che havendo inteso uno mercatante, che ivi era con sue mercatantie capitato, che tanto il signore de suoni, et canti si dilettava, et i gran doni, che per ciò far solea, ritrovandosi una schiava di bellezza singolare, et in qualunque forte musica eccellente di maniera, che ciascun de que' tempi in tal scienza avanzava, fattogli ciò intendere, fu da lui incontanente fatto chiamare, et impostogli, che la giovane, la quale Diliramma si chiamava, havesse alla presenza sua à condurre, per accertarsi del molto valor di lei nell'arte musicale, fu dal mercatante il commandamento di lui senza alcuna dimora essequito.

Onde vestita la giovane di honorati panni, venne co 'l padron suo dinanzi à Behramo. Il quale, la rara bellezza di lei vedendo, et la soavità de' suoni, et canti, che alla presenza sua la giovane fece udendo, fu dell'amor suo fieramente trafitto, et per ciò havendo gran numero de' danari al mercatante annoverato, la comperò et fattala di ricchi, et pomposi habiti vestire, essendo dell'amor della giovane acceso oltre misura, ove da publichi negotij libero si ritrovava, con lei sempre volea dimorare.

Hor avenne un giorno, che ito con lei alla caccia, et in uno cervo abbattutosi à Diliramma rivolto le disse:. – Vedi tu quel cervo? Hor hora io lo voglio colla frezza ferire, però di tu in qual parte tu vuoi, ch'io lo percuota, che dove tu mi dirai, in quella parte certamente io lo ferirò –.

A cui ella rispose:. – Io, Sire, sono più che certa, che essendo voi si valoroso arciere, in qualunque parte vorrete, il cervo sete per ferire, mà poscia c'havete piacere, ch'io vi dica qual colpo havete à fare, à me farebbe caro di vedere, che l'animale ferendo, un piede coll'orrecchia in un medesimo colpo gli conficaste –. Il che si fece à credere Diliramma, che, come cosa impossibile, il signore non mai potesse fare. Mà Behramo, che di nobile, et alto ingegno era dotato, promesso di dover quanto la giovane detto havea incontanente essequire, tolto un'arco da pallotte in mano, et scoccatolo, colla pallotta l'orecchia del cervo percosse.

Il quale per lo dolore del colpo co 'l piede, come gl'animali irrationali sogliono fare, l'orecchia grattandosi tosto il Signore senza alcuno indugio l'arco dalle saette, lo scoccò, et al cervo, il quale tutta via si grattava, il piede nell'orecchia hebbe in un colpo confitta. Il che à ciascuno dei suoi baroni diede infinita ammiratione, havendo in ciò un'alto, et sottile avedimento di Behramo scorto, il quale alla giovane con allegra faccia rivolto, disse:. – Che di, tu, Diliramma? parti egli che io habbia alla proposta tua sodisfatto? – À cui ella sogghignando in cotal guisa rispose:.

– Io sono certa, Sire, che cotal colpo, ove voi il cervo, et me in medesimo tratto non haveste coll'arco da pallotte ingannata, non hareste mai potuto fare:. mà coll'inganno c'havete usato voi, ogn'altro huomo ancora harrebbe il piede coll'orecchia del cervo saputo conficare –.

Udite l'Imperadore queste parole, parendogli, che fussero troppo licentiosamente state dette, et che l'honor suo havessero maculato, havendole massimamente i principali baroni della sua corte udite, tutto che dell'amor di lei fusse fieramente trafitto; nondimeno, di subita, et fervente ira acceso, facendosi à credere di non poter altrimenti l'honor suo ricoverare, diede ordine à suoi ministri, che incontanente la giovane havessero ad ispogliare, et legatele le mani da dietro, la dovessero in un bosco, non guari luntano, condurre, dove la notte le fiere l'havessero à divorare.

Il che senza indugio da ministri essequito, la misera giovane dolente assai nel bosco condussero, et alla discretione delle fiere lasciatala, à lui ritornarono, et riferirongli di haver il commandamento suo compiutamente essequito. La qual cosa intesa c'hebbe Behramo, dall'amore, et dall'ira grandemente travagliato, nella città tutto dolente, et mesto se ne ritornò. Diliramma fra tanto, che colle mani legate nel bosco era rimasa, sopragiungendo la notte, dirottamente lagrimava, et à Dio raccomandandosi tutta via stava aspettando da qual canto alcuna fiera la venisse à divorare. Et cosi caminando, sopra la strada commune arrivata, piacque à Dio, che tramontato il sole, una compagnia di mercatanti, che allo alloggiamento andava, il quale da quel luogo non era molto discosto, la giovane, che in si misero stato si ritrovava, udì à piagnere.

Onde seguendo il più vecchio di loro la voce di lei, et accostatolesi, la vide, et essendo giovane, et bella, hebbe di lei grandissima compassione, et slegatele le mani, et di alcuni panni revestitala, all'alloggiamento seco la condusse; dove chi ella si fusse, et che sorte di essercitio facesse interrogatala, et come, da chi fusse stata spogliata, et legata, et per qual cagione fusse in tanta calamita, et miseria caduta, altro da lei intender non pote, salvo che l'essercitio suo era la musica. Onde fattosi dall'hoste il mercatante uno liuto dare, et datolo in mano della giovane, la soavità, et finezza del suono, et canto di lei vedendo, ne rimase stupefatto, et della virtù sua innamorato, ricevutala per figliuola, seco nel paese suo la condusse.

Beramo fra tanto nella città ritornato, havendo maggior forza in lui l'amore, che l'ira, pentito di haver la giovane si crudelmente trattata, et diliberando con ogni suo potere di ricoverarla, gli istessi ministri à se chiamò, che nel bosco d'ordine suo l'haveano condotta, et commando loro, che montati à cavallo con una grossa compagnia, havessero nel bosco incontanente à ritornare, et che ogni diligenza far vessero per ritrovare la giovane, la quale de suoi panni rivestita, et scioltele le mani alla sua presenza dovessero condurre. Il quale ufficio prontamente da ministri essequito, senza indugio alcuni montati à cavallo, al bosco s'inviarono. Mà, come che diligentemente tutta la notte per ogni parte del bosco havessero cercato, Diliramma la qual dal mercatante era stata raccolta, non poterono ritrovare.

Onde all'Imperadore il seguente giorno ritornati, accertatolo, che lei per gran diligenza, che in ogni parte del bosco havessero usata, non haveano saputa ritrovare, si fece à credere, che essendo il paese di fiere assai copioso, veramente l'havessero divorata. Del qual accidente doloroso quanto mai altro huomo al mondo fusse, da grande malinconia afflitto, una grandissima infermità gli sopravenne, la quale del sonno si fattamente lo privò, che per gran rimedii, che gli fussero fatti, non lo potea ricoverare.

Onde in amaritudine consumandosi, d'hora in hora la morte aspettava. Di che tutti i principali baroni del regno dolenti, et mesti sopra a modo, insieme raunatisi, et tra loro consigliatisi, conchiusero, poscia che i medici al lor signore non sapeano la salute restituire, di doverlo al meglio, che poteano, co' cibi sino al ritorno di tre fratelli d'India, dove per ricoverare lo specchio passarono, sostentare. Al qual tempo erano certi, che da loro, che d'ingegno abondavano, all'infermita di Beramo alcun compenso serebbe ritrovato.

Questi fratelli nell'India arrivati, un giorno prima che nella città real entrassero insieme co' baroni del signore, ch'in loro compagnia si ritruovavano, fecero alla Reina intendere, come secondo 'l patto tra Beramo, et lei per lo passato fatto, erano da lui stati mandati alcuni huomini, i quali speravano di dover certo rimedio alla mano, che tanta rovina in quel regno facea, ritrovare. Il che ove havessero essequito, lo specchio harrebbono al lor signore riportato; et che per ciò ritrovandosi essi alla città vicini, ella havesse ciò, che più gl'aggradisse, à commandare. Questa novella alla reina recata tanta allegrezza le apportò, che facendo per ciò gran festa, mandò i giovani con gran apparato da principali suoi baroni ben dieci miglia fuori della città ad incontrare. I quali dinanzi alla reina arrivati, et da lei con lieta faccia ricevuti, furono in uno ricchissimo palagio condotti, dove preparato uno real convito, et fatti loro gl'habiti cavalcareschi spogliare, alla mensa co' baroni della reina s'assettarono. Et quivi con saggi ragionamenti di varie cose divisando, essendo l'hora di gia tarda, et essi per lo lungo viaggio assai stanchi, con buona licenza de' ministri reali se n'andarono à riposare.

La mattina seguente levati per tempo furono da consiglieri della reina in suo nome visitati, et di finissimi vini, et d'alcuni preciosissimi cibi presentati, et da essi per lungo spacio di tempo del danno, che la mano in quel paese facea, informati, diedero loro in risposta cotai parole:.

– Behramo imperadore disideroso di ricoverare lo specchio suo, che in potere della reina vostra si ritruova secondo 'l patto da lei propostogli, ci ha in queste parti mandati, à fine che liberato prima questo regno dal molto danno, che gli fa di continuo la mano, che sopra 'l mare ogni giorno apparisce, gli lo habbiamo à riportare –.

Di che dicendo i consiglieri essere la reina contentissima, et che liberato il paese dall'infortunio della mano, incontanente lo specchio loro serrebbe assignato, da giovani si partirono con ordine, che il giorno dietro per tempo havessero à ritornare: percioche con loro iti di compagnia alla marina, havrebbono di maniera operato, che ne più nell'avvenire la mano non si serebbe veduta, ne danno veruno in alcuna parte del paese harrebbe apportato. Questa novella, per la città divolgata, incredibile letitia, et ammiratione recò à ciascheduno, et sapendosi, che la seguente mattina doveano i giovani alla marina uscire, la notte infinito numero di popolo fuori della città se n'andò al luogo, dove haveano à ritrovarsi.

Et venuti la mattina i consiglieri da tutta la corte accompagnati, al palagio de giovani si condussero, i quali insieme partitisi, et sul lito al nascere del sole arrivati, la mano videro ad uscire diritta, et aperta sopra il mare. Onde il maggior fratello incontanente al dirimpetto di quella in pie levatosi, alzata la mano, il secondo, et terzo dito diritti dimostrando, i tre restanti serrati, et bassi tenea; il che fatto senza alcuna dimora la mano, che tanta rovina facea, si tuffò nel mare, ne più nell'avenire fu mai d'alcuno veduta.

Di che restato il popolo, che allo spettacolo presente si ritruovo, grandemente ammirato, fu di tutto 'l successo la Reina subitamente informata. La quale per ciò lieta, et contenta sopra modo, mandò i giovani, che sul lito ancora si ritrovavano con gran festa, et honore alla porta della città ad incontrare, con ordine, prima che al palagio lor assignato ritornassero, devessero alla presenza sua ritrovarsi. Onde essi al commandamento di lei presti, e nella città ritornati, et al palagio reale aviatisi, colla reina si ritrovavano. La quale, poscia che gl'hebbe con grand'honore, et solennità ricevuti, caramente pregolli, che fussero contenti il gran secreto, con che si gran miracolo haveano dimostrato, di palesarle. Onde volendo il giovane, che la mano di quel mare iscacciata havea, della dimanda sua la reina compiacere, alluntanatosi tanto con lei dal popolo, che presente si ritrovava, quanto da quello le parole sue non potessero essere intese:.

– Havete à sapere, Madama, dissele, che tantosto che io stamane vidi la mano aperta sopra al mare, mi feci à credere, che altro non volesse significare, salvo che, ove cinque huomini d'uno medesimo volere si fussero ritrovati, serebbeno à prendere il mondo tutto stati bastevoli; et percioche volea esser intesa, ne alcuno fino al presente s'è ritrovato, che ciò habbia saputo indovinare, ella di continuo al popolo vostro si grave danno, et maleficio recava.

Ond'io, che coll'aiuto di Dio di ciò m'avidi, sul lito ritrovatomi, et al dirimpetto di lei alzata la mano, il secondo, et terzo dito diritti tenendo, et gl'altri serrati, et bassi, la feci di vergogna nel mare tuffare, di maniera che più non è per apparire. Percioche volendo ella significare, che cinque huomini d'uno medesimo volere havrebbono del mondo tutto potuto farsi padroni, le dimostrai che s'ingannava, et che non cinque, ma due soli, che conformi di volere si fussero ritrovati, à tanta et maggiore impresa ancora serebbono stati bastevoli –.

Cotai parola dalla reina udite le diedero grande ammiratione, et per ciò s'accorse, che i giovani di nobile et alto ingegno erano dotati. I quali presa licenza al palagio loro da principali della corte accompagnati se ne ritornarono. Poscia ritrovatisi i consiglieri della reina insieme con le et divisando di rimandare per lo ricevuto beneficio lo specchio à Beramo, il più vecchio di loro:. – Non è dubbio, disse, che per quanto si è in sino ad hora veduto, i giovani hanno il paese da una grave disaventura liberato; ma chi può esser certo, che sin'à qualche tempo la mano non habbia à ritornare, et ne primieri termini siamo per ritrovarci? Onde à me pare, ch'intorno à ciò, prima che lo specchio si ristituisca, si debba haver molta consideratione –.

Alle quai parole soggiunse la reina:. – Noi non potemo, ne dovemo mancare della promessa à Beramo fatta, mà quanto al sicurarsi, che la mano non habbia più il paese nostro à molestare, io vi ho un'ottimo rimedio, et è questo. La felice memoria del Re, mio padre, il quale mi lasciò di si gran stato padrona, prima che della presente vita passasse, oltre molte ammonitioni, che mi diede, dissemi:. – Figliuola, perciò che dopo la morte mia nella persona tua il regno ha à pervenire, io sono certo, che molti prencipi, et gran signori per acquistarlo con ogni mezzo tenteranno per poterti haver per moglie; ma pericoche i regni non meno colla prudenza, che colle forze si sogliono accrescere, et conservare, io ti commando che tu alcuno per marito non debba accettare, che una delle due cose –, le quai egli all'hora mi disse, – non sappia indovinare. Mà ritrovando chi alcuna di esse ti sappia dichiarire, quello tu harrai à prender per tuo sposo –.

Onde giudicand'io i tre giovani, i quai fratelli sono, per lo nobile aspetto loro dover essere d'alcuno gran prencipe figliuoli, anderete uno di voi ad astringerli con giuramento il lor legnagio à palesarvi: che, ove come io mi fo à credere, di alta stirpe ritroviamo che siano usciti, quello di loro io tentaro di havere per marito che l'una delle due cose dal Re mio padre dettemi sapra dichiarire. Il che agevolmente giudico che habbia à succedere; per ciò che d'alto ingegno, et di molta prudenza à me pare che siano dotati: et in cotal guisa ove alcuno di essi resti meco insiememente dello stato mio padrone, non harremo più à temere ch'in tempo alcuno la mano habbia a nostri popoli alcuno nocumento ad apportare –.

Onde à consiglieri piacciute molto le parole della Reina proposte, andò un di loro il seguente giorno i giovani à ritruovare, et con essi per buon spatio dimorato, in un lungo ragionamento fece lor intendere, che havendo essi il paese dalla disaventura della mano liberato, il che non potea salvo che da alto intelletto, et prudenza nascere, disiderava sommamente la reina chi essi si fussero, et di cui figliuol di sapere, et à ciò palesarle caramente li pregava. Mà i giovani, che sin'all'hora il caso loro à nissuno non haveano voluto manifestare, risposero, che erano tre giovani figliuoli di povere, et private persone, che in corte di Beramo erano capitati. Alle quai parole soggiungendo il consigliere, che ne la reina, ne alcuno potrebbe prestar fede, si per lo nobile aspetto, come per la molta prudenza, et dottrina loro, disse:.

– Perche io veramente so, che malagevolmente, che voi siate di povere, et private persone figliuoli, mi sara creduto, à fine che più per questa cagione ne io, ne altri habbia à molestarvi serete contenti di giurare sopra: la fede vostra quanto voi mi havete detto essere la verità. Perciò che ove io riferisca ciò essermi con giuramento stato da voi affirmato, alle parole vostre so che sarà prestata intiera fede –.

Onde vedutisi ad astringere co 'l giuramento, tra loro ristrettisi, et consigliatisi alquanto, di dovere la verità palesare diliberarono: et al consigliere accostatisi, che di Giaffer Re del paese di Serendippo fussero figliuoli, con quanto sino à quel giorno era loro avenuto con giuramento manifestarono. Il che inteso c’hebbe la Reina, lieta, et contenta oltre misura, faccendosi à credere, che ad ogni modo co ’l torre uno de’ giovani per marito, dalla disaventura della mano havesse il paese suo in perpetuo à liberare, fattili il seguente giorno alla presenza sua venire, uso loro tai parole:.

– Io, sì come sino ad hora per lo sottile avedimento, et molta scienza vostra, et per lo grande beneficio, che al regno mio havete apportato, dalla rovina della mano liberandolo, vi ho in somma riverenza tenuti, così al presente, che di si gran prencipe mi havete palesato d’essere figliuoli, conoscendo in voi la nobiltà di sangue con tanto sapere accompagnata, sopra tutti gli altri vi honoro, et riverisco, et perché, secondo ’l patto da me con Beramo fatto, io sono tenuto lo specchio à restituirgli, non debbo, ne voglio mancare della parola mia. Onde qualunque volta vogliate ch’io lo vi consegni, sera sempre al piacer vostro. Et percioche essendo voi di si nobil legnaggio usciti, non può essere, che non siate insiememente di alta cortesia dotati, una gratia ancora vi voglio dimandare della molta prudenza, et dottrina vostra degna: ma prima ch’io, qual essa si sia, vi manifesti, disidero, che di non negarlami mi promettiate –. Al che havendo i giovani dato in risposta, che ad ogni suo commandamento li ritrovarebbe prontissimi, soggiunse ella:.

– Essend’io ancora fanciulla, prima che ’l Re mio padre, felice memoria, della presente vita passasse, lo udi più fiate co’ suo baroni à divisare, che possibil fusse, che un huomo potesse in un giorno uno magazino intiero di sale mangiare, ma che però egli non havea saputo chi à ciò fusse stato buono mai ritrovare. Ond’io conoscendovi si prudenti, et saggi, giudico, che questo dubbio mi saprete solvere, di che caramente io vi voglio pregare –. Alle quai parole rispondendo il secondo fratello disse:.

– Madama, poscia ch’in voi si gran disiderio io veggo di potervi di ciò chiarire, dicovi agevol cosa essere un intiero magazino di sale in uno giorno magiare, et à ciò fre qualunque volta à voi piaccia io mi offerisco –.

Di che datasi la Reina molta ammiratione, havendo allo alto ingegno de’ giovani riguardo, diede ordine à suoi baroni, che di ciò il seguente giorno havessero à far prova. Ond’essi al commandamento presti, la mattina per tempo levati, et al palagio de’ giovani aviatisi, al magazino, dove il sale era, li condussero et quivi fermatisi à ministri ordinorono, che la porta havessero incontanente ad aprire.

Il che senza alcuna dimora essequito, entrato il giovane, et colla saliva la cima d’uno dito della mano bagnatasi, la pose sopra il sale, et levatene alquante granella, le mangiò, et à baroni rivolto disse, che facessero il magazino serrare, havendo egli essequito. Di che dandosi ogn’uno uno grand’ammiratione, et dimostrando di non poter creder, che con questo atto il giovane havesse la fatta promessa osservata, soggionse egli di nuovo, che havessero pure la Reina di quanto havea operato ad accertare; che egli le harrebbe della operatione sua buonissimo conto dimostrato.

Onde fattole ciò da suoi baroni intendere, diede ordine, che 'l giovane alla presenza sua venisse. il quale dinanzi à lei giunto, et dimandato come intendesse coll'haver quattro sole granella di sale mangiate havere alla promessa sodisfatto, rispose, che chiunque mangiando coll'amico tanto sale, quanto egli al magazino si havea posto in bocca, non havesse ciò, che al debito dell'amicitia s'acconvenia, potuto conoscere, ne anco, ove quanto in dice magazini, non che in uno fusse capito, n'havesse mangiato, ciò harrebbe conseguito: Onde egli si faccia à credere di havere la promessa sua compiutamente essequita.

La qual risposta sendo alla reina sommamente piacciuta; per ciò che quella era che'l padre le havea per dichiaratione nel dubbio insegnata, lodato assai il giovane del sottile avedimento suo: – Un'altra cosa, disse, mi resta, laquale ove voi mi sappiate solvere, non huomini, mà dei fono per riputarvi.

– Et in questa anco, rispose il minore fratello, à me da il cuore madama di havere qualumque volta à voi piaccia à soddisfarvi –. Onde dato ordine, che la seguente matina havesse nel palagio reale à ritrovarsi, all'hora determinata venuto, et dinanzi alla Reina comparso, fatti tutti della camera sua uscire, solamente il primo suo consigliere, et il giovane seco ritenne: et aperta una cassettina cinque ova ne trasse, et al giovane rivolta disse:.

– Queste, come voi vedete sono cinqu'ova, et in questa camera noi tre soli ci ritroviamo. Onde havendo i due vostri fratelli sì alte prove fatte nel regno mio, ove voi anco sapeste di queste cinque ova senza alcuno romperne tra noi tre ugual parte fare, oserei di affirmare, che tre altri huomini à voi d'ingegno uguali nel mondo tutto non si potessero ritrovare.

– Picciol cosa, rispose il giovane, m'havete, Madama imposto –, et incontanente tollendo l'ova di mano alla Reina, tre dinanzi à lei postine, uno datone al consigliere, et l'altro tenuto per lui, – Eccovi, Madama, disse, le parti uguali senza romperne alcuno –. Mà dimostrando ella di nõ poter ciò credere, ove altra dichiaratione non le fusse dal giovane fatta, egli, dimandatone perdono, disse: – Le parti sono in questa guisa ugiali, che havendo il consiglier vostro, et io due ova per uno nelle brache, et voi nissuno, de cinque da voi datemi, tre à voi consignatene, uno al consigliere, et l'altro à me stesso, havendone tre per ciascheduno, le ho giustamente tra noi tre partite.

La qual risposta sommamente alla Reina piacciuta, tutto che arroscisse alquanto, al giovane dimostro d'esserle stata gratissima. Il quale da lei tolta licenza al palagio suo se ne ritorno. Onde rimasa ella col consigliere suo gli disse, che, poscia che al sommo Iddio era piacciuto, che que' giovani di si gran Re figliuoli fussero nel paese suo capitati, et le questioni loro proposte si prontamente le havessero saputo dichiarire, delle quali sino allhora per molti, che n'havesse interrogati, non havea ella potuto ritrovare chi alcuna soluta n'havesse, s'era diliberata, secondo l'ammonitione del padre di tentare d'haverne uno d'essi per isposo; et, come che tutta tre d'alto ingegno dotati fussero, quello disse à lei sommamente piacere, che la questione del sale con tanta prudenza le havea dichiarita.

La qual diliberatione dal consigliere approvata, gli impose, che devesse il seguente giorno co' giovani ritrovarsi, à quali isposta primieramente l'ammonitione del Re suo padre, il disiderio suo havesse à palesare, quello per nome di lei per isposo ricercando, che il dubbio del sale le havea chiarito.

Onde havendo il consigliere il commandamento essequito, co' giovani ritrovatosi, loro pienamente il disiderio della Reina racconto, quello per nome di lei per isposo ricercando, che le havea la questione del sale saputa dichiarire. Di che datasi essi grand'ammiratione, ne potendo à pena credere le parole del consigliere esser vere, tra loro primieramente per buon spatio consigliatisi, d'accettare si alto matrimonio diliberarono, et chiamato il consigliere dissegli quello, che havea ad essere lo sposo, che, poscia che dalla Reina erano lor stati dimostrati tanti segni d'amore, egli di quanto era da lei in nome suo, et de fratelli infinite gratie rendendole. Mà che essendo cosa giusta, che con saputa del Re lor padre, tutto che da lui fussero stati iscacciati, ciò havesse à seguire, haveano diliberato d'aviarsi nel lor paese per fargli il tutto, come ubidienti figliuoli, intendere, et con buona licenza di lui incontanente alla celebratione delle sponsalitie ritornare.

Onde, intesa cotale diliberatione de giovani dalla Reina, et che 'l matrimonio haveano accettato, fattili col consigliere alla presenza sua venire, secretamente datasi tra loro la fede, diede ordine, che lo specchio senza alcuno indugio fusse loro restituito, accio secondo la promessa da lei à Beramo fatta per essi riportato potessero nel paese loro andare, dove il Re del matrimonio accertando colla benedittione di lui havessero alla solenne celebratione delle nozze à ritornare.

Et in cotal guisa consignato à giovani lo specchio, lieti, et allegri oltre misura, et dalla Reina di preciosi doni presentati, partitisi, in breve tempo nel paese di Beramo arrivarono. Il quale inteso il ritorno loro, et che lo specchio haveano riportato, come che in non buoni termini per l'infermità sua si ritrovasse, parve nondimeno, che si rallegrasse alquanto, facendosi à credere, che da loro, i quali di si alto ingegno dotati conoscea, alla disaventura sua potesse esser alcuno compenso ritrovato.

Giunti dunque i giovani nella citta reale il consigliere primo alla presenza di lui comparve, et baciategli primieramente le mani, et del mal suo molto dispiacere dimostrando, et le prove da giovani nel paese della Reina, et come di Giaffer Re di Serendippo s’erano palesati d’essere figliuoli, et il seguito, matrimonio interamente gli ispose. Il che da Beramo inteso li fece incontamente alla presenza sua venire, et rese loro gratie infinite per lo spechhio, c’haveano riportato, et ad essi la disaventura per cagione di Diliramma avenutagli raccontata, pregolli ad essere contenti coll’ingegno, et dottrina loro alla grave sua infermita alcun rimedio di ritrovare. Percioche, ove eglino non l’havessero potuto aitare, era certissimo di dovere fra poco spatio di tempo della presente vita passare, non essendoli fin’ à quell’hora huomo veruno ritrovato, che al mal suo alcuno rimedio havesse saputo dare. Et posto c’hebbe fine al ragionamento suo dimostrado i giovani per cagione dell’infermita sua grandissimo dispiacere, gli disse il maggiore:.

A questa disaventura anco, Sire, spero che alcuno compenso tosto noi ritrovaremo, et sara questo: voi non guari luntano da questa città havete una grandissima, et dilettevole campagna. Quivi eglie di mestieri, ove voi vogliate la primiera sanita ricoverare, che sette bellissimi palagi variamente coloriti facciate fabricare, ne quali una settimana intera dimorando, habbiate in ciascheduno di quelli dal giorno del Lunedi cominciando una notte à giacere.

– Et oltre di ciò, disse il secondo, mandarete sette vostri ambasciatori ne sette climati del mondo; d’onde v’habbiano sette vergini de’ maggior prencipi figliuole, che in quelli si ritrovino, à recare, colle quai, una per palagio ponendone, in dolce, et piacevoli ragionamenti il tempo della settimana v'habbiate à tratenere –.

Il che poscia c'hebbe finito di dire, – Darete anco, – soggiunse il terzo ordine, che nelle sette città principali dell'imperio vostro sia bandito, che il più eccellente novellatore, che in qualunque di essi si ritruovi debba alla presenza vostra venire, perciò che alcuna bella novella raccontandovi, cò grandissimi doni nella lor patria lo rimandarete.

Onde commandando Beramo che le tre cose da giovani ricordategli havessero ad esser senza alcuno indugio essequite, datosi principio alla fabrica de' palagi, avenne, che in un medesimo tempo al tutto intiero compimento dato.

Et essendo i sette palagi fabricati, fattili riccamente adornare, et una vergine, et uno novellatore per ciascuno di quelli distribuire, fecesi, secondo 'l consiglio de' giovani, un Lunedi mattina per tempo nel primo palagio in una lettica condurre. Il quale essendo d'argento adornato, egli anco se stesso, et la famiglia sua tutta dì panni d'argento vestir volle. Quivi sopra uno bellissimo, et ricco letto coricatosi, percioche per l'infermità era debole, et fiacco assai, fece la vergine alla presenza sua venire, colla quale in varij, et dilettevoli ragionamenti per lungo spatio tratenutosi, passata alquanto l'hora di Vespro fece il novellatore chiamare. Il quale dinanzi à lui venuto, gli fu da uno de consiglieri imposto, ch'alcuna bella novella havesse à raccontare. Onde egli al commandamento presto, baciate primieramente le mani all'Imperadore comincio in guisa tale:.
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Che sono io altro, ch'una debole et minima formichetta?
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Come debbo io accettare l'amministratione di uno tanto regno?
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À cui il giovanetto rispondendo incominciò à parlere in cotal guisa:.
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–.
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– Serebbe egli anco per aventura zoppo?
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– Et ciò anco havendo confirmato il gambelliere:.
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In risposta di che gli disse il maggiore fratello:.
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Seguitò il secondo, et disse:.
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Il terzo disse:.
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– Deh che belli ragionamenti fate voi?
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lor disse.
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Il che dà lui promessogli, gli disse:.
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Onde rispondendo il maggiore disse:.
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– Vedi tu quel cervo?
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A cui ella rispose:.
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– Che di, tu, Diliramma?
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parti egli che io habbia alla proposta tua sodisfatto?
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– À cui ella sogghignando in cotal guisa rispose:.
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Onde in amaritudine consumandosi, d'hora in hora la morte aspettava.
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Alle quai parole soggiunse la reina:.
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Alle quai parole rispondendo il secondo fratello disse:.
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Il quale da lei tolta licenza al palagio suo se ne ritorno.
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PEREGRINAGGIO DI TRE GIOVANI FIGLIUOLI DEL RE DI SERENDIPPO - PROLOGO

Fu anticamente nelle parti orientali, nel paese di Serendippo uno grande, et potente Re nominato Giaffer, il quale ritrovandosi tre figliuoli maschi, et conoscendo di dover quelli lasciar signori di gran potere, come saggio, et amorevol padre, dilibero anco di lasciarli di tutte quelle virtu dotati, che à prencipi sono richieste.

Onde fatta gran diligenza per tutto lo stato suo, condusse alcuni huomini in diverse scienze singolari, et assignata à loro una stanza tanto ampla et grande quanto allo stato suo acconvenia, dove alcun'altro non havesse ad entrare; commise loro la cura, et la disciplina dè figliuoli, accertandoli, che cosa maggiormente grata à lui far non poteano, che ammaestrarli di maniera, che potessero essere conosciuti per degni figliuoli di lui.

Onde havendo i precettori dato principio à disciplinare i giovani tanto s'isforzarono, ciascuno nella profession sua di soddisfare al commandamento del lor signore, che fecero i figliuoli, i quali erano di bellissimo ingegno dotati, fra non molto spatio di tempo nelle scienze, et in quelle cose, che à prencipi si richieggono, sopra tutti gli altri dell'età, et conditione loro saggi, et saputi.

Il che havendo essi fatto un giorno intendere al Re, non potendo egli credere, che si tosto havessero fatto tanto gran profitto, dilibero di farne di ciò egli stesso prova. Ne guari di tempo stette, che, chiamato à se il figliuol maggiore, gli parlò in guisa tale:.

— Tu sai, figliuol mio, quanto lungamente io ho sostenuto il carico d'uno tanto imperio, et il governo di cosi gran regno, et come secondo le forze mie io ho sempre havuta cura di reggere i miei popoli, et vassalli con quello amore, et carità, ch'io ho potuto maggiore, et di essequire quantopiu per me si è potuto il commandamento di Dio. Hora ch'io sono à così grande età arrivato, giusta cosa è, che, havendo tanto tempo havuta cura del beneficio de miei sudditi, et delle provincie al regno mio soggette, questo poco di vita, che mi avanza io rivolga il pensiero à me stesso, et alla salute dell'anima mia.

Onde havendo statuito di ritirarmi in un monasterio non guari lontano, dove chetamente, io possa considerare i peccati miei, et l'offese fatte à l'anima mia, facendone quella penitenza maggiore, ch'io potrò, per acquistare la misericordia del signor Dio, et impetrar da lui d'ogni offesa perdono, ho voluto chiamarti dinanzi à me, per commandarti, che essendo tu il mio maggior figliuolo, tu habbia à succedere nel governo di questo stato, et imperio mio; pregandoti primieramente, che tu voglia ricevere i tuoi fratelli in luogo di figliuoli, et di haver di loro quella cura, et abbracciarli con quell'amore, che s'acconviene.

Dipoi, che osservando uguale giustitia à ciascuno, tu habbia in tutte l'operationi tue la divina Maestà dinanzi à gli occhi, reggendo con carità, et amore i sudditi, et vassalli dell'imperio tuo, et massimamente quelli, che in povero, et misero stato si ritruovano, raccogliendo sempre, et honorando con ogni sorte d'ufficio gli huomini vecchi, et di età grave, et castigando i rei, et malvagi, con far ogni tuo potere per essequire le leggi, et ordini di sua Divina maestà, et di questo imperio -.

Di cotai parole, et diliberatione del padre datasi non mediocre ammiratione il saggio, et prudente figliuolo, fattagli primieramente la debita riverenza, gli ripose dicendo:.

– Sire, io ho benissimo inteso la diliberatione, et consiglio vostro, con quanto mi havete imposto, ch'io abbia ad essequire. Ma perché conosco biasimevol cosa essere, ch'io, vivendo voi, habbia à reggere, et occupare l'imperio vostro, et so anco, che non si può ritrovare occhio alcuno di grandezza tale, che sopravanzi il ciglio, et che niun splendore si può ritrovare à quel del sole del regno vostro, non giudico acconvenirsi, ch'altri l'habbia à reggere, et possedere.

Onde tutto ciò, che mi commandarete, io sono prontamente per esseguire, ma non sie gia mai, che, vivo voi, à cui nostro signore di lunghi, et felici anni faccia dono, io habbia nel regno à succedere.

Quando avenga poi, che il signore Iddio à se vi chiami, all'hora si ch'io di quello ne prenderò la cura, et governo, et secondo i saggi, et santi ricordi di vostri, quanto più per me si potra, mi sforzero di giustamente, et co 'l timore di sua divina maestà reggerlo, et amministrarlo –.

Di cotal risposta del prudente figliuolo, ne rimase il Re molto consolato, et lieto, havendo col mezzo di questa prima prova conosciuto in lui quelle virtu, che à saggio, et modesto prencipe si acconveniano.

Mà dissimulato per all'hora il contento del cor suo, licentio da se il figliuolo; et volendo far de gl'altri due l'istessa isperienza, chiamò incontanente à se il secondo. Et usatagli la medesima forma di parole, che al primo, hebbe da lui la seguente risposta:.

– Sire, lungo, et felice sia l'imperio vostro, et concedavi il signor Iddio l'eta di Noe, ditemi di gratia s'hora uscisse della sua picciol stanza la formica serebbe egli possibile, che potesse uno imperio reggere, et governare? Che sono io altro, ch'una debole et minima formichetta? Come debbo io accettare l'amministratione di uno tanto regno? Poscia non si ritrova egli vivo, et sano il mio fratello, vostro maggior figliuolo, il quale di ragione di voi ha da essere successore? –.

Della pronta, et saggia risposta del secondo figliuolo ne rimase il re infinitamente sodisfatto, et il signor Dio, che di si degno figliuolo l'havesse fatto padre, humilmente, et con pietoso core ringratiò. Et questo anco da se licentiato, fatto venir alla presenza sua il minore, l'istesso sermone con lui anco usò, che co gl'altri di gia usato havea. À cui il giovanetto rispondendo incominciò à parlere in cotal guisa:.

– Come posso io Sire, à cui il S. Iddio molti anni in felicita viver conceda, come poss'io, dico, il quale sono anchora tenero fanciullo, si grave, et importante carico accettare? Io mi conosco di essere à guisa d'una picciol goccia d'acqua, et l'imperio vostro ad un amplo, et infinito mare assomigliarsi. Come potrebbe egli essere, ch'io potessi, ò sapessi uno tanto imperio amministrare? Ma perciò che voi mi vedete cosi fanciullo, mi beffate, et comandandomi cose di tanto momento, de casi miei vi prendete diletto.

Io Sire come, che sia fanciullo, ho però tanto d'ingegno (Iddio merce) che conosco le forze, et poter mio, et mi aveggo, che ad ogni modo mi beffate; perciò che quando ciò non fusse, non ho io due fratelli maggiori, à cui voi harreste si grande soma dell'imperio assignata? –.

Dell'accorta risposta del fanciullo diedesi il re infinita ammiratione, et havendo in lui una mirabile accutezza d'ingegno scorta, ne rimase infinitamente consolato. Et cosi accertatosi del ragionamento fatto cò tutti tre i suoi figliuoli del molto profitto, che havevano fatto nelle scienze, et intese le saggie, et prudenti risposte, che date gl'haveano, dilibero per farli compiutamente perfetti, che andasseo à vedere del mondo, per apparare da diversi, costumi, et maniere di molte nationi coll'isperienza quello, di che colla lettione de libri, et disciplina de precettori s'erano di gia fatti padroni. Et chiamatili à se il seguente giorno, fingendo di essere gravemente adirato, et dimostrando d'haver havuto molto a male, che alcuno di loro nel ricevere la cura dello stato suo non l'havea voluto ubidire, uso loro cotai parole:.

– Poscia che alcuno di voi non havete voluto il commandamento mio esseguire, il che non mai mi harei io potuto persuadere, fate, che in termini di giorni otto habbiate ad uscir fuori dè confini dell'imperio mio: per ciò che come disubidienti, et malvagi figliuoli, io non voglio, che più vi habbiate à dimorare –.

Di questo accidente rimasero infinitamente dolorosi i figliuoli: et intesa la volunta del padre, incontanente postisi in peregrinaggio, usciti del regno di lui, nello stato d'uno grande, et potente Imperadore, Beramo nominato, arrivarono. Quivi nel camino non guari luntano dalla citta imperiale, abbattutisi un giorno in uno gambelliere, à cui era fuggito uno gambello, furono da lui dimandati, se per aventura quello nel camino veduto havessero; et percioche essi haveano nella via l'orme, et pedate di tal animale vedute, s'immaginarono di dirgli, che l'havevano nella strada ritrovato, Et à fine che egli di ciò havesse a prestar lor fede, come erano prudenti, et saggi, havendo del perduto gambello molti indicii veduti, gli disse incontanente il maggiore:.

– Dimi, fratello, il gambello, che tu hai perduto, non è egli cieco d'un'occhio? – Al che havendo il gambelliere risposto, che cosi era, seguito il secondo, et, disse:.

– Deh dimmi, oltre l'essere cieco, non gli manca anco uno dente in bocca? – Il che havendo affirmato il gambelliere, gli fu dal terzo soggionto:.

– Serebbe egli anco per aventura zoppo? – Et ciò anco havendo confirmato il gambelliere:.

– Questo gambello, habbiamo (dissero eglino) di certezza, non ha molto, incontrato nel camino, et l'habbiamo lasciato buon pezzo à dietro –.

Onde il gambelliere tutto lieto, ringratiati i tre fratelli, postosi per la strada da loro mostratagli à cercare il suo gambello, caminò per venti miglia, ne quello mai pote ritrovare. Onde stanco, et doloroso ritornando, ritruovò il seguente giorno i giovani non guari luntano dal luogo, dove lasciati gli havea, i quali presso d'uno chiaro fonte assetati, s'erano posti à mangiare. Et quivi con esso loro lamentandosi di non havere il gambello ritrovato, lor disse:.

In risposta di che gli disse il maggiore fratello:.

– Da segni, che noi ti habbiamo dato, tu puoi ben considerare, se noi ti habbiamo beffato, ò nò; ma à fine che tu non habbia sinistra opinione di noi, io ti do quest'altro segno, che 'l tuo gambello era carico, et dall'un canto era la soma di butiro, dall'altra di mele.

– Et io, soggiunse il secondo, dicoti che sopra il tuo gambello vi era una donna.

– Et questa donna, disse il terzo, accio che tu conosca, che noi il vero ti diciamo, ti affermo essere gravida –.

Udite queste parole il gambelliere, et facendosi à credere, che i giovani per i molti, et veri indicii, che dati gli haveano gl'havessero il gambello rubbato, il quale egli nel camino da loro dimostratogli non havea potuto ritrovare; diliberò d'andare alla ragione, et accusare i giovani, che il suo gambello nella via rubbato gl'havessero. Onde dinanzi al giudice comparsò, et i tre fratelli del commesso latrocinio gravemente accusando, furono posti in prigione. Questo fatto pervenuto all'orrecchie dell'Imperadore gli diede alcuna noia, facendo egli massimamente usare ogni diligenza, à fine, che per lo regno suo sicuramente et senza timore de' malandrini si potesse caminare. Onde tutto turbato, fatti il seguente giorno condurre i giovani alla presenza sua, et chiamato anco il gambelliere, volle da lui, presenti i giovani, di tutto 'l successo essere informato. Il quale pienamente dal gambelliere inteso, con certi indicii à lui del perduto gambello da giovani dati, tutto turbato à loro rivolto, disse tai parole:.

– Voi havete intesa l'oppositione hora fattavi dal gambelliere, et perché per segni da voi datigli io ho per cosa certa, gl'habbiate il suo animale rubbato, non l'havendo massimamente per grande diligenza, ch'ei fatta s'habbia nello camino da voi mostratogli, potuto ritrovare, come che giustamente, per cotal misfatto deverei à morte condennarvi, nondimeno essend'io naturalmente più tosto alla clemenza, che alla severità rivolto, ho diliberato, prima che farvi morire, che incontanente il rubbato gambello habbiate à ritrovare. Il che ove da voi non sia senza alcuna dimora fatto; farovvi dimane per tempo di morte, à malandrini richiesta, vituperosamente morire –. I giovani udite le parole, et diliberatione dell'Imperadore, come che di cotal successo fussero alquanto dolorosi, nondimeno dalla coscienza, et innocenza sua racconsolati, in cotal guisa gli risposero:.

Noi Sire siamo tre viandanti, i quali andiamo in peregrinaggio, et per niuna altra causa, che per vedere diversi paesi, et le maraviglie, ch'in questo mondo si ritruovano, ci siamo à cotale impresa posti. Onde capitati nel regno vostro ci incontrammo non guari luntano da questa città nel presente gambelliere, il quale dimandatici, se havevamo per aventura uno gambello, che egli perduto havea nello camino ritruovato, come che noi non l'havessimo altrimenti veduto, nondimeno havendo nel camino del perduto gambello molti indicii veduti, gli rispondemmo burlando, che l'havevamo incontrato. Et à fine, che egli alle parole nostre havesse à prestar fede, del suo gambello gli dessimo, què segnali, che da esso gambelliere vi furono detti. I quali essendo à caso riusciti veri, ne havendo egli per lo camino da noi mostratogli il suo gambello potuto ritrovare, ingiustamente incolpatici, che noi gl'habbiamo l'animale suo rubbato, ci ha condotti alla presenza vostra; et ingiuriati, come voi vedete. Questo, che noi vi dicemo, è la verità; che quando altrimenti si ritruovi, ci contentiamo, che di qualunque aspra, et crudel morte, che à voi piaccia, ci facciate morire. Udite l'Imperadore le parole de' giovani non si potendo persuadere, che i sei segnali al gambelliere dati potesser'à caso esser tutti riusciti veri, lor disse:.

– Io non penso gia, che voi siate tre profeti, ma sì bene tre stradaiuoli, che andate assasinando le persone, che nel camino ritrovate, et per ciò lo cred'io, che pure in uno de' sei indicii del perduto gambello, quali voi havete al gambelliere dati, non havete errato –.

Et cosi fattili nelle carcere ricondurre, avenne fra quel mezzo, che uno vicino del gambelliere andando per suoi affari ritrovo per la strada il perduto animale; et riconosciutolo, et presolo, nel ritorno al padrone, che gl'era vicino, lo consignò. Onde il gambelliere dell'errore suo avedutosi, considerando in quanto gran pericolo per sua cagione i giovani si ritrovassero, corse incontanente all'Imperadore: et fattogli intendere, come egli havesse il gambello suo ritrovato, humilmente, et con grand'istanza supplicollo, che gli innocenti giovani havesse di prigione à rilassare.

Inteso l'Imperadore cotal successo, doloroso molto d'haver i miseri giovani incarcerati, non havendo essi massimamente delitto alcuno commesso diede ordine, che incontanente fussero tratti di prigione, et alla presenza sua condotti. Il che senza alcuna dimora da ministri essequito, primieramente s'iscusò con loro d'haverli per ingiusta oppositione del gambelliere fatti incarcerare: poscia disideroso d'intendere come havessero saputo gl'indicii del perduto animale indovinare, fece lor molta instanza, che gl'havessero ciò à palesare. Onde volendo ad ogni modo in ciò i giovani all'Imperadore sodisfare, gli disse il maggiore:.

– A ciò mi accorsi io, Sire, che 'l perduto gambello d'un'occhio cieco si ritrovava, che camminando noi per la strada, d'onde egli passato era, vidi da l'un canto di quella, che dalla altra parte si ritrovava, era tutta roduta, et mangiata, et dall'altro canto era intiera, et sana. Ond'io mi feci à credere, che egli di quell'occhio cieco fusse, con che sopra la parte, dove la buon'herba giacea, non potea vedere; percioche non harebbe mai la buona per la malvagia lasciata –. Seguitò il secondo, et disse:.

– Sire, che 'l gambello senza uno dente fusse à ciò m'avidi, che nel camino ritrovai quasi ogni passo bocconi d'herba masticata di tal misura, che potevano per quanto tiene lo spatio d'uno dente di tal animale passare –.

– Et io Sire, disse il terzo, che 'l perduto gambello fusse zoppo guidicai, percioche l'orme di tre piedi dell'animale chiaramente scorgendo; del quarto m'accorsi, per quanto potevo per i segnali considerare, che dietro si lo strascinava –. Dell'ingegno, et prudentza de giovani rimase l'imperadore molto stupefatto, et disideroso d'intendere, come gl'altri tre segnali havessero saputio indovinare, caramente pregolli, che anco quelli gli raccontassero. Onde per compiutamente alle dimande di lui sodisfare, l'uno de giovani disse:.

– Sire, che la soma dell'animale fusse dall'un canto di butiro et dall'altro di mele à ciò mi accorsi, che per lo spatio bene d'un miglio dall'una parte della strada io vidi un'infinita moltitudine di formiche, che 'l grasso appetiscono, dall'altra incredibile numero di mosche, che il mele tanto amano à pascolare.

– Et che una donna vi fusse sopra, disse il secondo, per ciò io giudicai, che veduto l'orme dove il gambello inginocchiato s'era, scorsi anco la forma di uno piede humano, il quale come, che à me di donna paresse, non dimeno, per cio che anco di fanciullo esser potea, di ciò in questa maniera m'accertai, che veduto, che presso la forma del piede era stato orinato, posi nell'orina le dita, et la volli odorare: onde incontanente fui assalito dalla concupiscenza carnale, et di qui è, che quel piede di donna esser credei –. Il terzo disse:.

– Che questa donna poi fusse pregna, m'avidi dall'orme delle mani, che in terra si vedeano, havendo ella per il carico del corpo colle mani dopo orinato aitata se stessa à levare in piede –. Infinita ammiratione diedero al re le parole de' giovani, de quali egli facendo per il loro ingegno stima incredibile, dilibero in ogni maniera di accarezzarli, et honorarli in quella guisa, che al singolare loro valore era richiesto. Et una ricca stanza nel proprio palagio suo fatta preparare, quelli caramente pregò, che alcun tempo con esso lui fussero contenti di dimorare, accertandoli il meglio, che pote, dalla molta stima, che egli del pronto et alto loro ingegno facea. Onde vedutisi i giovani si fattamente da uno tanto prencipe honorare, resegli infinite gratie della molta sua cortesia, si dimostrarono prontissimi ad ogni suo disiderio di sodisfare. Onde dal proprio Imperadore nelle preparate stanze accompagnati, realmente nell'avenire furono trattati, ne mai giorno passava, che quatr'hore al meno l'imperadore con loro diversi ragionamenti facendo, non prendesse della molto loro prudenza, et pronto ingegno infinito diletto; et alle volte anco nascondendosi in un camerino alla lor stanza vicino, udendoli sempre d'alte cose à favellare da loro contentissimo si partiva.

À questi giovani facendo egli delle proprie sue vivande dar'à mangiare, avenne un giorno, che apparecchiato il desinare, loro fece uno grasso agnello fra molti altri dilicatissimi cibi, et uno fiasco di precioso vino presentare, et egli nel camerino ritiratosi i loro ragionamenti stava con molto diletto ad ascoltare. Hor postili i giovani à tavola, et cominciato dell'agnello à mangiare, et à gustar del vino che l'Imperadore mandato lor havea, disse, il maggiore:.

– In vero io giudico, che la vite di dove è venuto questo vino, che per tanto precioso ci è stato hoggi potato sia nata in una sepoltura, ne penso, che possa essere altrimenti –.

– Et à me, disse il secondo, non potrebbono far credere tutti i savi del mondo, che questo agnello, c'hoggi ci è stato posto dinanzi, non sia con latte di cagna nutricato –.

Ne guari stette il terzo à dire: – Fratelli, molto mi duole d'una cosa, di che istamane mi sono aveduto, et questo è, c'havend'io potuto per alcuni segni comprendere, che questo signore, da cui noi tante cortesie habbiamo ricevute, ha per misfatti fatto uccidere uno figliuolo del suo consigliere, il padre altro al presente nel pensier non rivolge, che come facendo il suo signore morire possa della morte del figliuolo vendicarsi –.

I ragionamenti de' giovani havendo l'Imperadore ottimamente intesi, et essendo per le parole del terzo assai turbato, entrato nella stanza loro, et dissimulato il dolore del cuor suo:. – Deh che belli ragionamenti fate voi? lor disse. À cui fatta i giovani riverenza risposero, che per all'hora d'altro non ragionavano, et che posto fine al desinare, si volevano levare dalla mensa. Mà egli, facendo molta instanza che gli havessero de' loro ragionamenti à far parte, et accertandogli, che, prima che quivi entrasse, uditi gli havea, non potendo ne sapendo essi la verità occultare, il tutto ordinatamente, come desinando divisato haveano, gli raccontarono. Et incotal guisa con essi per alquanto spacio dimorato, alla sua stanza se ne ritornò, et fatto incontanente à se venire quello, che della sua cantina havea la cura, et interrogatolo in qual parte del paese fusse stato fatto quel vino, che egli la mattina à giovani mandato havea, inteso il tutto, fece il padrone della vigna à se chiamare. Il quale giunto alla presenza sua, dimandatolo, se quella vigna, della quale egli havea la cura, fusse anticamente vigna, ò se pure modernamente di fabriche, o campi non coltivati fusse stata à coltura ridotta, intese, che dove all'hora era essa vigna, la quale si precioso vino producea, dugento anni prima solea essere cimitero, et sepolture di corpi morti.

Onde di ciò accertato, et conosciuto esser vero ciò, che il giovane detto havea, volle anco accertarsi di quanto havea il secondo raccontato: perciò che della propositione del terzo non era necessario, che alcuno n'interrogasse, sapendo egli stesso di havere fatto uccidere per suoi misfatti il figliuolo del suo consigliere. Et dato ordine, che 'l pastore della sua greggia à se fusse chiamato, dimandatolo con che sorte di pastura havesse l'agnello ingrassato, che quel giorno per la tavola sua havea fatto uccidere, egli pallido, et tutto tremante divenuto, rispose, che d'altra pastura l'agnello, che ancora tenero era, non era stato nutricato, che del latte della madre.

Ma avedutosi l'Imperadore per lo timore, che nel pastor vide, che non gl'havea il vero narrato, gli disse: – Io veramente conosco, che tu mi narri il falso: onde ti affermo, che non mi facendo hor'hora palese la verità, farotti incontanente di crudele, et aspra morte morire. – Deh Sire, – replico il pastore, – piacendovi di donarmi la vita, narrerovvi veramente il tutto –. Il che dà lui promessogli, gli disse:.

– Sire, essendo l'agnello ancor piccolino, et pascolando un giorno la madre alla campagna, luntanatasi alquanto, mi fu dal lupo rubbata, et havendo à caso la cagna, che alla guardia dello greggio io tengo, in que' giorni i suoi cagnolini partoriti, non sapend'io ritrovar strada migliore di far il picciol agnello nutricare, alla poppa della cagna attaccatolo, fu da quella si fattamente allevato, che giudicatolo degno cibo di voi, et uccisolo, lo vi mandai istamane, et al maggiordomo vostro lo consignai –. L'imperadore, che ciò intese, comincio veramente à credere, che questi giovani havendo cosi alto, et degni spirito, fussero di virtu profetica dotati, et licentiato il pastore, ritornato a giovani uso loro tai parole:.

Tutto cio, che voi mi havete narrato. ho ritrovato vero, et mi fo à credere, che sendo in voi una si nobile, et alta virtu, come è l'arte dell'indovinare, tre altri huomini à voi somiglianti nel mondo tutto non si possano ritrovare. Ma ditemi di gratia, che indicio havete voi hoggi alla tavola havuto, per lo quale le cose da voi raccontatemi vi habbiate potuto imaginare? Onde rispondendo il maggiore disse:.

– Che 'l vino, Sire, c'hoggi ci havete fatto recare fusse di vite in sepoltura nata uscito, per ciò m'avidi, che tanto sto ch'io n'hebbi il primo bicchiere bevuto, si come suol sempre il cuore dell'huomo pel vino allegro, et lieto divenire, così io mi senti da una profonda mestitia, et malinconia esser'assalito; onde giudicai il vino, havendo io in me sentito cotale effetto, d'altro luogo, che di alcun cimitero non poter esser uscito –.

– Et io, soggionse il secondo, havendo alcuni bocconi dell'agnello mangiato, et sentendomi la bocca salata oltre modo, et di schiuma ripiena, m'accorsi esso agnello d'altro latte, che di cagna non esser stato nutricato –.

– Et perché Sire, seguitò il terzo, io mi aveggo, che voi con gran disiderio aspettate d'intender anco da me, come io dell'animo del consigliere vostro, pieno di mal talento, contro l'Imperial vostra persona mi sia potuto accorgere; havete à sapere, che ragionando voi l'altr'hieri sopr'a 'l castigo de' malvagi, ritrovandoci noi dinanzi à voi, vidi il vostro consigliere tutto cangiarsi in faccia di colore. Il quale con mal occhio guardandovi, assalito dalla sete, dimandò dell'acqua da bere, la quale suole il fegato rinfrescare. Et perciò feci io giudicio, che minor offesa non havesse egli da voi ricevuta, che la morte d'un suo figliuolo –.

L'imperadore, che i giovani in ciascuna cosa viridichi havea ritrovati, di ciò molto turbato, gli rispose:. – Io sono più che certo, che 'l fatto sia come appunto tu mi lo hai narrato, et che il consiglier mio altro nel pensier suo non rivolga, che come potermi uccidere, per vendicarsi del suo figliuolo, il quale giustamente io per suoi misfatti à morte condemnai. Mà questa cosa come può egli essere, ch'io dalla bocca di lui possa farmi confessare? Perciò ch'io giudico, che per gran tormento ch'io gli dia, egli non me ne dirà mai parola. Onde non havendo la confessione di bocca sua, non lo potrò giustamente condemnare. Però conoscendovi io di bellissimo ingegno dotati, so, che à ciò per voi alcuno rimedio sera ritrovato.

– Il rimedio, rispose il giovane, Sire, sie pronto, ove il conseglio mio vogliate esseguire. Ha il vostro consigliere, per quanto io ho udito à ragionare, una sua concubina, la quale egli molto ama, et ad essa d'ogni suo segreto suol far parte. À questa donna se voi havete mezzo di far intendere, che sete dell'amor di lei talmente preso, che vi sentite morire, et che cosa non è, che voi per lei non siate per fare, sempre che ella dell'amor vostro voglia accertarsi, havendo, come nella maggior parte delle donne suole avenire, lunghi i capelli, et corto il cervello, conoscendosi bella, agevolmente si farà à credere, che disideriate, che essa dell'amor suo vi faccia dono. Poscia, essendo voi suo prencipe et signore giudico, che incontanente habbia in poter vostro à venire, et in cotal guisa sono io certo, che d'ogni machinatione, che contra la persona vostra habbia il consigliere in animo di fare, dalla proprio bocca di lui siate per accertarvi –.

Piacque infinitamente all'Imperadore il conseglio del giovane, et ritrovata una prudente, et saggia messaggiera, fingendo di ferventemente amare la donna del suo consigliere, l'animo suo tutto gl'aperse, et le commando, che senza alcuna dimora havesse cotale ufficio, ad essequire. Onde ella al commandamento di lui presta, ritrovata occasione d'essere con lei, le scoperse l'animo del suo signore, et dissele, che agevolmente potrebbe egli ò facendo il consiglier morire, ò vero operando, che ella un giorno fusse da suoi ministri rapita, haverla in poter suo, mà che parendole ciò atto da tiranno, et non da giusto, ne humano prencipe, non voleva in ciò alcuna violenza usare, caramente pregandola, che à piacere di lui volesse acconsentire. Udite la donna del consigliere le parole della messaggiera, infiniti preghi le porse, che al re dell'amore, che le portava, in nome suo rendesse gratie infinite, con dirgli, che, essendo ella donna di sì picciol fortuna, si dava grande ammiratione, come havesse egli si bassamente il pensier suo collocato; et che nondimeno ella era presta ad ogni suo piacere; mà che, essendo tanto dal consigliere custodita, altro, che un sol mezzo à ciò ritrovare non sapea, il quale à lei scoprirebbe, ove però primieramente ella giurasse di non havere ad altri che all'Imperadore suo Signore quanto allhora le dicea di palesare.

Onde fattole la messaggiera solenne sacramento di silentio, le cominciò à dire in guisa tale: – Tu hai à sapere, che 'l consigliere, nel cui potere io mi ritrovo, ha contra l'Imperadore nostro prencipe uno malvagio, et crudel pensiero, ne ha la mente ad altro rivolta, che come possa farlo morire, havendo preparato una bevanda velenata, et aspettando occasione di fargli uno convito, et con quella dargli la morte, et di ciò io sola consapevole sono: et come che io havessi in animo di fare in ogni maniera sapere all'Imperadore si grave misfatto, nondimeno fino ad hora non mi è mai venuta l'occasione. Onde tu gli paleserai tutto questo fatto, dicendogli, che, ove gli sia nel fine del convito, che dal consegliere gli serà fatto, per lui presentata una tazza di cristallo con una bevanda, egli per niente non la debba accettare, per essere quella tutta di veleni stillata, mà che la faccia à lui bere, che cosi castigandolo del misfatto, gli darà la morte, et trarra me dalle mani di si malvagio traditore, et in cotal guisa m'harrà sempre ad ogni suo piacere –.

La messaggiera ottimamente inteso quanto dalla donna del consigliere le era stato narrato, presa da lei licenza, et incontanente al prencipe ritornata, il tutto ordinatamente gl'ispose. Onde, havendo egli in que' giorni havuta una gran vittoria contra uno potente, et gran Re, il quale tentava di occupargli il regno, s'imaginò con tale occasione di far in segno d'allegrezza di tanta vittoria doni à principali ministri della corte sua, tra quali havendo il primo luogo il consigliere, si fece à credere, che realmente presentandolo, dovesse dargli cagione di tentare quanto egli di gia diliberato havea. Onde fattogli uno precioso dono, fu da lui con tal'occasione non molti giorni dopo ad uno reale, et magnifico convito chiamato. Onde ito alla stanza del consigliere, et da lui con gran festa, et allegrezza ricevuto, di molti preciosi, et gran doni presentato, s'assettò alla mensa, la quale di dilicatissimi cibi era preparata, et quivi con suoni, et canti celebratosi il convito, essendosi per levare le tavole, il consigliere con sue proprie mani presentata al Re in una tazza di cristallo un'odorifera bevanda gli uso tai parole:.

– Sire, poscia che voi, si alto, et gran signore, vi sete degnato di honorare il convito di me humil servo vostro, io anco con ogni mio potere mi sono isforzato di ritrovar cibi, et vivande degne della persona vostra. Onde havendo fatta fare questa potione, alla quale un'altra simile nel mondo tutto non si ritruova, perciò che oltre molte virtu, che in lei sono, le quali lungo sarebbe al presente à rammemorare, niuna cosa può ritrovarsi, che più possa di questa il fegato dell'huomo rinfrescare, l'ho voluta all'Imperial persona vostra presentare –.

Questa conoscendo l'imperadore, essere la velenata bevanda, che dal consigliere molto prima gl'era stata preparata, sì come dalla donna inteso havea, in cotal guisa gli rispose:. – Tu sai, come io, non ha molto tempo, per misfatti da lui commessi à morte condennai il tuo figliuolo; onde essendo verisimile, che tu per la morte di lui habbia il fegato riscaldato, et ardente oltre modo, io serei discortese, et poco amorevole verso di te mi dimostrarei, ove di questa potione io ti privassi, la quale à te si gran beneficio puo apportare. Onde ricevendola con animo, io te ne fo dono, il quale conoscero esserti grato, ove hor hora alla presenza mia tu la beva –.

Per queste parole dell'Imperadore turbato assai il consigliere, dubitandosi, che nel pensiero suo havesse ad esser vano, incontanente gli rispose, dicendo: – Questa, Sire, essendo cosi rara, et pretiosa bevanda, conosco non à me, ma alla imperial persona vostra acconvenirsi –.

Mà replicandogli egli, che l'havea caro, et amava, come se stesso, conoscendo massimamente l'amore, et riverenza, che egli in ogni tempo gl'havea portata, disse:. – Io conosco il bisogno tuo, et, ove questa potione volessi à te levare, io non sarei cosa degna dell'affettione mia verso di te, essendo certo, che quella à te gran beneficio può apportare, si come à me, ch'il fegato non ho altrimenti riscaldato, di nissuno giovamento essere potrebbe –.

Hor vedendo il consigliere l'instanza, ch'el suo signore gli facea, che la potione da lui presentata gli havesse egli à bere, et dubitando, che 'l tradimento suo fusse stato scoperto: – Sire, disse nella fossa, ch'io volevo far altrui cadere, sono io stesso traboccato, ma perciò che vi ho sempre conosciuto naturalmente alla clemenza rivolto, voglio credere, che poscia ch'io vi harrò data una ammonitione alla vita vostra importantissima, dello error mio mi darete perdono. Ove voi il figliuolo d'alcuno habbiate à morte condennato, il padre di lui non permetterete, che nella corte vostra habbia à conversare.
Sapete, che il figliuol mio per suoi misfatti faceste giustamente uccidere, et io con quante carezze, et doni, che poscia m'habbiate fatti, non mi ho mai potuto il mio grande dolore dell'animo levare, ne mai vi veggo, che confondendomisi tutto 'l sangue, non mi venga in pensiero di darvi la morte; et come che da voi infiniti beneficij, et honori io habbia ricevuti, et che à giusta morte il figliuol mio habbiate condennato, nondimeno io ingiustamente havevo à voi questa velenata bevanda preparata che in cotal guisa à me pareva di dover della morte del mio figliuolo vindicarmi –.

Inteso l'Imperadore il fiero proponimento del suo consigliere, fattogli della vita dono, scacciollo incontanente dalla presenza sua, et assignati tutti i suoi beni al fisco, gli fece intendere, che nello spatio di tre giorni havesse ad uscire de' confini dell'Imperio suo; et rese al signor Dio gratie infinite, che da si grave pericolo l'havesse liberato. Et ricompensata realmente la donna, che si fatto tradimento gli scoperse, ad uno de' prencipali baroni suoi la maritò.

Poscia, ritornato à giovani, narrato loro tutto il successo del convito del consigliere, et altamente presentatili, disse:. – Io non dubito, che essendo voi di tanta prudenza, et di si alto ingegno dotati, che tante cose habbiate saputo indovinare, et che la mia vita dalle mani del disleale, et malvagio consigliere havete liberata, non siate anco per ritrovare rimedio ad uno gran che, ch'io ho al presente alle mani; et veramente conosco, che ciò non mi havete à negare, havendo io hoggimai scorto in cosa, che la vita mia importava, il grande amore, che voi mi portate –.

Onde havendogli essi la lor'opra in ciascuna cosa prontamente offerita, dicendo, cominciò:. – Fu dagli antichi filosofi di questo imperio, i quali i predecessori miei hanno in ogni tempo assai stimato, ritrovata una forma di specchio, il quale essi chiamavano specchio di giustitia; perciò che havea questa virtu, che ove due insieme piativano facendo il giudice quelli in esso guardar, à colui, che ingiusta dimanda facea, la faccia incontanente nera divenia, et quello, che dirittamente si difendea, nel primo suo color rimanendo, dal giudice vittorioso se ne giva.

Onde non facendo all'hora di testimoni mestieri, merce della virtù, che lo specchio havea, vivevasi in tanta quiete, et pace, che al proprio paradiso cotesto imperio si assomigliava; et quello, à cui per la fraude sua la faccia nera divenia, in altra maniera nello pristino stato ritornare non potea, salvo se calato in uno pozzo assai profondo, dove con pane et acqua sola la vita sostentasse, quivi quaranta giorni non fusse dimorato. Dopo la qual penitenza del pozzo cavato, et alla presenza del popolo condotto, il peccato suo confessando, la pristina sua forma ricoverava. Onde per lo timore dello specchio in gran tranquillità vivendosi, et ciascuno dello stato suo contentandosi, davasi opera all'agricoltura, il paese di ciascuna cosa abondava, qualunque povero mercatante, ò forastiere che qui d'altre parti capitava, ricco nella patria sua se ne giva; à nimici di questo imperio il signor Iddio havea tutte le forze levate, et per molti anni una lieta, et felice vita ogn'uno godea. Vivea in quel tempo l'avolo mio, il quale due figliuoli havea, mio padre, un altro mio zio, i quali dopo la morte di lui dell'imperio insieme contendendo, avvenne, che mio padre rimase superiore. Onde aspettando l'occasione il fratello di vendicarsi, si fattamente operò, che fece lo spec specchio con esso fuggendo, in India lo portò. Quivi era reina una vergine, la quale del regno ad uno suo consigliere la cura havea assignata. A' cotesta vergine fu da mio zio lo specchio presentato, et la virtù di quello tutta narratole, la quale però altrove, che in questo regno, non potea dimostrare.

Mà non potendo le parole dell'ambasciatore fare alcuno profitto, ritornato disse, che per lo beneficio c'havea all'hora quel regno ricevuto dello cambio dell'huomo nel cavallo, ò bue, che seco ogni giorno nel mare la mano portava, quella reina non lo volea altrimenti restituire, salvo ove da mio padre non fusse alcuno rimedio alla rovina, che essa mano facea, ritrovato. Mà che avenendo, che da tanta miseria fusse lo regno suo liberato, ella di buon cuore, essendo gl'avoli suoi stati molto amici de nostri predecessori, harrebbe lo specchio restituito. Ma non sapendo mio padre à ciò compenso alcuno ritrovare, non si è mai più la primiera tranquillità potuta ricoverare. Onde conoscendovi io huomini di si alto, et nobil ingegno dotati, mi fo à credere, che, ove voi vi vogliate in ciò adoperare, quel regno dall'infortunio della mano liberando, à me lo specchio, ciò è la quiete, et felicità dell'imperio mio ricoverarete. Il che volendo voi essequire, promettovi di farvi di gran thesoro padroni –.

Vedeasi ogni giorno nella principal citta di quel paese, la quale alla marina era situata, al levare del sole una gran mano dritta, et aperta sopra 'l mare, la quale fino al tramontare non si movendo dal luogo, d'onde era uscita, sopragiungendo la notte, s'accostava al lito, et prendendo un'huomo, nel mare seco lo portava, et così facea di continuo. Onde sin'à quel tempo gran numero d'huomini si era in quel paese perduto. Di che il popolo mesto, et dolente assai, s'imagino di portare lo specchio sul lito del mare all'incontro di essa mano, facendosi à credere, che per aventura alcun rimedio gli potesse dare. Et all'incontro della mano portatolo, questo beneficio ne ricevette, che si come prima un'huomo al giorno, cosi non più un'huomo, ma uno cavallo, ò un bue seco ne portava. Hor per la perdita dello specchio havendo questo regno la pristina felicita smarrita, et disiderando senza fine mio padre di ricoverarlo, mandò alla reina uno suo ambasciatore con offerirle gran thesoro, se glie lo havesse voluto restituire, à ciò facendola con diverse ragioni persuadere; massimamente dimostrandole, che al paese di lei non poteva lo specchio giovamento alcuno apportare; ove questo regno harrebbe nello primiero stato, et tranquillità rimesso.

Intese i giovani le parole, et il bisogno del signore, per le molte cortesie, et honori, che da lui haveano ricevuti, prontissimamente gli promisero di dover in India a passare; d'onde dinanzi alla sua presenza più non ritornerebbono, ove lo specchio insieme non gli havessero riportato. Di che lieto l'Imperadore oltre misura, accompagnateli con alcuni de principali suoi baroni, in India gl'inviò et dopo la loro partenza sperando di rihaverlo ad ogni modo per lo sottile avedimento de giovani felicissima vita trappassava, et de suoni et canti grandemente dilettandosi, da ciascuna parte del paese si faceva de finissimi cantori, et musichi venire, i quali realmente donando, et né giardini, et caccie con essi tutto di trattenendosi, con infinito disiderio il ritorno de giovani stava aspettando.

Avvenne in que' giorni, che havendo inteso uno mercatante, che ivi era con sue mercatantie capitato, che tanto il signore de suoni, et canti si dilettava, et i gran doni, che per ciò far solea, ritrovandosi una schiava di bellezza singolare, et in qualunque forte musica eccellente di maniera, che ciascun de que' tempi in tal scienza avanzava, fattogli ciò intendere, fu da lui incontanente fatto chiamare, et impostogli, che la giovane, la quale Diliramma si chiamava, havesse alla presenza sua à condurre, per accertarsi del molto valor di lei nell'arte musicale, fu dal mercatante il commandamento di lui senza alcuna dimora essequito.

Onde vestita la giovane di honorati panni, venne co 'l padron suo dinanzi à Behramo. Il quale, la rara bellezza di lei vedendo, et la soavità de' suoni, et canti, che alla presenza sua la giovane fece udendo, fu dell'amor suo fieramente trafitto, et per ciò havendo gran numero de' danari al mercatante annoverato, la comperò et fattala di ricchi, et pomposi habiti vestire, essendo dell'amor della giovane acceso oltre misura, ove da publichi negotij libero si ritrovava, con lei sempre volea dimorare.

Hor avenne un giorno, che ito con lei alla caccia, et in uno cervo abbattutosi à Diliramma rivolto le disse:. – Vedi tu quel cervo? Hor hora io lo voglio colla frezza ferire, però di tu in qual parte tu vuoi, ch'io lo percuota, che dove tu mi dirai, in quella parte certamente io lo ferirò –.

A cui ella rispose:. – Io, Sire, sono più che certa, che essendo voi si valoroso arciere, in qualunque parte vorrete, il cervo sete per ferire, mà poscia c'havete piacere, ch'io vi dica qual colpo havete à fare, à me farebbe caro di vedere, che l'animale ferendo, un piede coll'orrecchia in un medesimo colpo gli conficaste –. Il che si fece à credere Diliramma, che, come cosa impossibile, il signore non mai potesse fare. Mà Behramo, che di nobile, et alto ingegno era dotato, promesso di dover quanto la giovane detto havea incontanente essequire, tolto un'arco da pallotte in mano, et scoccatolo, colla pallotta l'orecchia del cervo percosse.

Il quale per lo dolore del colpo co 'l piede, come gl'animali irrationali sogliono fare, l'orecchia grattandosi tosto il Signore senza alcuno indugio l'arco dalle saette, lo scoccò, et al cervo, il quale tutta via si grattava, il piede nell'orecchia hebbe in un colpo confitta. Il che à ciascuno dei suoi baroni diede infinita ammiratione, havendo in ciò un'alto, et sottile avedimento di Behramo scorto, il quale alla giovane con allegra faccia rivolto, disse:. – Che di, tu, Diliramma? parti egli che io habbia alla proposta tua sodisfatto? – À cui ella sogghignando in cotal guisa rispose:.

– Io sono certa, Sire, che cotal colpo, ove voi il cervo, et me in medesimo tratto non haveste coll'arco da pallotte ingannata, non hareste mai potuto fare:. mà coll'inganno c'havete usato voi, ogn'altro huomo ancora harrebbe il piede coll'orecchia del cervo saputo conficare –.

Udite l'Imperadore queste parole, parendogli, che fussero troppo licentiosamente state dette, et che l'honor suo havessero maculato, havendole massimamente i principali baroni della sua corte udite, tutto che dell'amor di lei fusse fieramente trafitto; nondimeno, di subita, et fervente ira acceso, facendosi à credere di non poter altrimenti l'honor suo ricoverare, diede ordine à suoi ministri, che incontanente la giovane havessero ad ispogliare, et legatele le mani da dietro, la dovessero in un bosco, non guari luntano, condurre, dove la notte le fiere l'havessero à divorare.

Il che senza indugio da ministri essequito, la misera giovane dolente assai nel bosco condussero, et alla discretione delle fiere lasciatala, à lui ritornarono, et riferirongli di haver il commandamento suo compiutamente essequito. La qual cosa intesa c'hebbe Behramo, dall'amore, et dall'ira grandemente travagliato, nella città tutto dolente, et mesto se ne ritornò. Diliramma fra tanto, che colle mani legate nel bosco era rimasa, sopragiungendo la notte, dirottamente lagrimava, et à Dio raccomandandosi tutta via stava aspettando da qual canto alcuna fiera la venisse à divorare. Et cosi caminando, sopra la strada commune arrivata, piacque à Dio, che tramontato il sole, una compagnia di mercatanti, che allo alloggiamento andava, il quale da quel luogo non era molto discosto, la giovane, che in si misero stato si ritrovava, udì à piagnere.

Onde seguendo il più vecchio di loro la voce di lei, et accostatolesi, la vide, et essendo giovane, et bella, hebbe di lei grandissima compassione, et slegatele le mani, et di alcuni panni revestitala, all'alloggiamento seco la condusse; dove chi ella si fusse, et che sorte di essercitio facesse interrogatala, et come, da chi fusse stata spogliata, et legata, et per qual cagione fusse in tanta calamita, et miseria caduta, altro da lei intender non pote, salvo che l'essercitio suo era la musica. Onde fattosi dall'hoste il mercatante uno liuto dare, et datolo in mano della giovane, la soavità, et finezza del suono, et canto di lei vedendo, ne rimase stupefatto, et della virtù sua innamorato, ricevutala per figliuola, seco nel paese suo la condusse.

Beramo fra tanto nella città ritornato, havendo maggior forza in lui l'amore, che l'ira, pentito di haver la giovane si crudelmente trattata, et diliberando con ogni suo potere di ricoverarla, gli istessi ministri à se chiamò, che nel bosco d'ordine suo l'haveano condotta, et commando loro, che montati à cavallo con una grossa compagnia, havessero nel bosco incontanente à ritornare, et che ogni diligenza far vessero per ritrovare la giovane, la quale de suoi panni rivestita, et scioltele le mani alla sua presenza dovessero condurre. Il quale ufficio prontamente da ministri essequito, senza indugio alcuni montati à cavallo, al bosco s'inviarono. Mà, come che diligentemente tutta la notte per ogni parte del bosco havessero cercato, Diliramma la qual dal mercatante era stata raccolta, non poterono ritrovare.

Onde all'Imperadore il seguente giorno ritornati, accertatolo, che lei per gran diligenza, che in ogni parte del bosco havessero usata, non haveano saputa ritrovare, si fece à credere, che essendo il paese di fiere assai copioso, veramente l'havessero divorata. Del qual accidente doloroso quanto mai altro huomo al mondo fusse, da grande malinconia afflitto, una grandissima infermità gli sopravenne, la quale del sonno si fattamente lo privò, che per gran rimedii, che gli fussero fatti, non lo potea ricoverare.

Onde in amaritudine consumandosi, d'hora in hora la morte aspettava. Di che tutti i principali baroni del regno dolenti, et mesti sopra a modo, insieme raunatisi, et tra loro consigliatisi, conchiusero, poscia che i medici al lor signore non sapeano la salute restituire, di doverlo al meglio, che poteano, co' cibi sino al ritorno di tre fratelli d'India, dove per ricoverare lo specchio passarono, sostentare. Al qual tempo erano certi, che da loro, che d'ingegno abondavano, all'infermita di Beramo alcun compenso serebbe ritrovato.

Questi fratelli nell'India arrivati, un giorno prima che nella città real entrassero insieme co' baroni del signore, ch'in loro compagnia si ritruovavano, fecero alla Reina intendere, come secondo 'l patto tra Beramo, et lei per lo passato fatto, erano da lui stati mandati alcuni huomini, i quali speravano di dover certo rimedio alla mano, che tanta rovina in quel regno facea, ritrovare. Il che ove havessero essequito, lo specchio harrebbono al lor signore riportato; et che per ciò ritrovandosi essi alla città vicini, ella havesse ciò, che più gl'aggradisse, à commandare. Questa novella alla reina recata tanta allegrezza le apportò, che facendo per ciò gran festa, mandò i giovani con gran apparato da principali suoi baroni ben dieci miglia fuori della città ad incontrare. I quali dinanzi alla reina arrivati, et da lei con lieta faccia ricevuti, furono in uno ricchissimo palagio condotti, dove preparato uno real convito, et fatti loro gl'habiti cavalcareschi spogliare, alla mensa co' baroni della reina s'assettarono. Et quivi con saggi ragionamenti di varie cose divisando, essendo l'hora di gia tarda, et essi per lo lungo viaggio assai stanchi, con buona licenza de' ministri reali se n'andarono à riposare.

La mattina seguente levati per tempo furono da consiglieri della reina in suo nome visitati, et di finissimi vini, et d'alcuni preciosissimi cibi presentati, et da essi per lungo spacio di tempo del danno, che la mano in quel paese facea, informati, diedero loro in risposta cotai parole:.

– Behramo imperadore disideroso di ricoverare lo specchio suo, che in potere della reina vostra si ritruova secondo 'l patto da lei propostogli, ci ha in queste parti mandati, à fine che liberato prima questo regno dal molto danno, che gli fa di continuo la mano, che sopra 'l mare ogni giorno apparisce, gli lo habbiamo à riportare –.

Di che dicendo i consiglieri essere la reina contentissima, et che liberato il paese dall'infortunio della mano, incontanente lo specchio loro serrebbe assignato, da giovani si partirono con ordine, che il giorno dietro per tempo havessero à ritornare: percioche con loro iti di compagnia alla marina, havrebbono di maniera operato, che ne più nell'avvenire la mano non si serebbe veduta, ne danno veruno in alcuna parte del paese harrebbe apportato. Questa novella, per la città divolgata, incredibile letitia, et ammiratione recò à ciascheduno, et sapendosi, che la seguente mattina doveano i giovani alla marina uscire, la notte infinito numero di popolo fuori della città se n'andò al luogo, dove haveano à ritrovarsi.

Et venuti la mattina i consiglieri da tutta la corte accompagnati, al palagio de giovani si condussero, i quali insieme partitisi, et sul lito al nascere del sole arrivati, la mano videro ad uscire diritta, et aperta sopra il mare. Onde il maggior fratello incontanente al dirimpetto di quella in pie levatosi, alzata la mano, il secondo, et terzo dito diritti dimostrando, i tre restanti serrati, et bassi tenea; il che fatto senza alcuna dimora la mano, che tanta rovina facea, si tuffò nel mare, ne più nell'avenire fu mai d'alcuno veduta.

Di che restato il popolo, che allo spettacolo presente si ritruovo, grandemente ammirato, fu di tutto 'l successo la Reina subitamente informata. La quale per ciò lieta, et contenta sopra modo, mandò i giovani, che sul lito ancora si ritrovavano con gran festa, et honore alla porta della città ad incontrare, con ordine, prima che al palagio lor assignato ritornassero, devessero alla presenza sua ritrovarsi. Onde essi al commandamento di lei presti, e nella città ritornati, et al palagio reale aviatisi, colla reina si ritrovavano. La quale, poscia che gl'hebbe con grand'honore, et solennità ricevuti, caramente pregolli, che fussero contenti il gran secreto, con che si gran miracolo haveano dimostrato, di palesarle. Onde volendo il giovane, che la mano di quel mare iscacciata havea, della dimanda sua la reina compiacere, alluntanatosi tanto con lei dal popolo, che presente si ritrovava, quanto da quello le parole sue non potessero essere intese:.

– Havete à sapere, Madama, dissele, che tantosto che io stamane vidi la mano aperta sopra al mare, mi feci à credere, che altro non volesse significare, salvo che, ove cinque huomini d'uno medesimo volere si fussero ritrovati, serebbeno à prendere il mondo tutto stati bastevoli; et percioche volea esser intesa, ne alcuno fino al presente s'è ritrovato, che ciò habbia saputo indovinare, ella di continuo al popolo vostro si grave danno, et maleficio recava.

Ond'io, che coll'aiuto di Dio di ciò m'avidi, sul lito ritrovatomi, et al dirimpetto di lei alzata la mano, il secondo, et terzo dito diritti tenendo, et gl'altri serrati, et bassi, la feci di vergogna nel mare tuffare, di maniera che più non è per apparire. Percioche volendo ella significare, che cinque huomini d'uno medesimo volere havrebbono del mondo tutto potuto farsi padroni, le dimostrai che s'ingannava, et che non cinque, ma due soli, che conformi di volere si fussero ritrovati, à tanta et maggiore impresa ancora serebbono stati bastevoli –.

Cotai parola dalla reina udite le diedero grande ammiratione, et per ciò s'accorse, che i giovani di nobile et alto ingegno erano dotati. I quali presa licenza al palagio loro da principali della corte accompagnati se ne ritornarono. Poscia ritrovatisi i consiglieri della reina insieme con le et divisando di rimandare per lo ricevuto beneficio lo specchio à Beramo, il più vecchio di loro:. – Non è dubbio, disse, che per quanto si è in sino ad hora veduto, i giovani hanno il paese da una grave disaventura liberato; ma chi può esser certo, che sin'à qualche tempo la mano non habbia à ritornare, et ne primieri termini siamo per ritrovarci? Onde à me pare, ch'intorno à ciò, prima che lo specchio si ristituisca, si debba haver molta consideratione –.

Alle quai parole soggiunse la reina:. – Noi non potemo, ne dovemo mancare della promessa à Beramo fatta, mà quanto al sicurarsi, che la mano non habbia più il paese nostro à molestare, io vi ho un'ottimo rimedio, et è questo. La felice memoria del Re, mio padre, il quale mi lasciò di si gran stato padrona, prima che della presente vita passasse, oltre molte ammonitioni, che mi diede, dissemi:. – Figliuola, perciò che dopo la morte mia nella persona tua il regno ha à pervenire, io sono certo, che molti prencipi, et gran signori per acquistarlo con ogni mezzo tenteranno per poterti haver per moglie; ma pericoche i regni non meno colla prudenza, che colle forze si sogliono accrescere, et conservare, io ti commando che tu alcuno per marito non debba accettare, che una delle due cose –, le quai egli all'hora mi disse, – non sappia indovinare. Mà ritrovando chi alcuna di esse ti sappia dichiarire, quello tu harrai à prender per tuo sposo –.

Onde giudicand'io i tre giovani, i quai fratelli sono, per lo nobile aspetto loro dover essere d'alcuno gran prencipe figliuoli, anderete uno di voi ad astringerli con giuramento il lor legnagio à palesarvi: che, ove come io mi fo à credere, di alta stirpe ritroviamo che siano usciti, quello di loro io tentaro di havere per marito che l'una delle due cose dal Re mio padre dettemi sapra dichiarire. Il che agevolmente giudico che habbia à succedere; per ciò che d'alto ingegno, et di molta prudenza à me pare che siano dotati: et in cotal guisa ove alcuno di essi resti meco insiememente dello stato mio padrone, non harremo più à temere ch'in tempo alcuno la mano habbia a nostri popoli alcuno nocumento ad apportare –.

Onde à consiglieri piacciute molto le parole della Reina proposte, andò un di loro il seguente giorno i giovani à ritruovare, et con essi per buon spatio dimorato, in un lungo ragionamento fece lor intendere, che havendo essi il paese dalla disaventura della mano liberato, il che non potea salvo che da alto intelletto, et prudenza nascere, disiderava sommamente la reina chi essi si fussero, et di cui figliuol di sapere, et à ciò palesarle caramente li pregava. Mà i giovani, che sin'all'hora il caso loro à nissuno non haveano voluto manifestare, risposero, che erano tre giovani figliuoli di povere, et private persone, che in corte di Beramo erano capitati. Alle quai parole soggiungendo il consigliere, che ne la reina, ne alcuno potrebbe prestar fede, si per lo nobile aspetto, come per la molta prudenza, et dottrina loro, disse:.

– Perche io veramente so, che malagevolmente, che voi siate di povere, et private persone figliuoli, mi sara creduto, à fine che più per questa cagione ne io, ne altri habbia à molestarvi serete contenti di giurare sopra: la fede vostra quanto voi mi havete detto essere la verità. Perciò che ove io riferisca ciò essermi con giuramento stato da voi affirmato, alle parole vostre so che sarà prestata intiera fede –.

Onde vedutisi ad astringere co 'l giuramento, tra loro ristrettisi, et consigliatisi alquanto, di dovere la verità palesare diliberarono: et al consigliere accostatisi, che di Giaffer Re del paese di Serendippo fussero figliuoli, con quanto sino à quel giorno era loro avenuto con giuramento manifestarono. Il che inteso c’hebbe la Reina, lieta, et contenta oltre misura, faccendosi à credere, che ad ogni modo co ’l torre uno de’ giovani per marito, dalla disaventura della mano havesse il paese suo in perpetuo à liberare, fattili il seguente giorno alla presenza sua venire, uso loro tai parole:.

– Io, sì come sino ad hora per lo sottile avedimento, et molta scienza vostra, et per lo grande beneficio, che al regno mio havete apportato, dalla rovina della mano liberandolo, vi ho in somma riverenza tenuti, così al presente, che di si gran prencipe mi havete palesato d’essere figliuoli, conoscendo in voi la nobiltà di sangue con tanto sapere accompagnata, sopra tutti gli altri vi honoro, et riverisco, et perché, secondo ’l patto da me con Beramo fatto, io sono tenuto lo specchio à restituirgli, non debbo, ne voglio mancare della parola mia. Onde qualunque volta vogliate ch’io lo vi consegni, sera sempre al piacer vostro. Et percioche essendo voi di si nobil legnaggio usciti, non può essere, che non siate insiememente di alta cortesia dotati, una gratia ancora vi voglio dimandare della molta prudenza, et dottrina vostra degna: ma prima ch’io, qual essa si sia, vi manifesti, disidero, che di non negarlami mi promettiate –. Al che havendo i giovani dato in risposta, che ad ogni suo commandamento li ritrovarebbe prontissimi, soggiunse ella:.

– Essend’io ancora fanciulla, prima che ’l Re mio padre, felice memoria, della presente vita passasse, lo udi più fiate co’ suo baroni à divisare, che possibil fusse, che un huomo potesse in un giorno uno magazino intiero di sale mangiare, ma che però egli non havea saputo chi à ciò fusse stato buono mai ritrovare. Ond’io conoscendovi si prudenti, et saggi, giudico, che questo dubbio mi saprete solvere, di che caramente io vi voglio pregare –. Alle quai parole rispondendo il secondo fratello disse:.

– Madama, poscia ch’in voi si gran disiderio io veggo di potervi di ciò chiarire, dicovi agevol cosa essere un intiero magazino di sale in uno giorno magiare, et à ciò fre qualunque volta à voi piaccia io mi offerisco –.

Di che datasi la Reina molta ammiratione, havendo allo alto ingegno de’ giovani riguardo, diede ordine à suoi baroni, che di ciò il seguente giorno havessero à far prova. Ond’essi al commandamento presti, la mattina per tempo levati, et al palagio de’ giovani aviatisi, al magazino, dove il sale era, li condussero et quivi fermatisi à ministri ordinorono, che la porta havessero incontanente ad aprire.

Il che senza alcuna dimora essequito, entrato il giovane, et colla saliva la cima d’uno dito della mano bagnatasi, la pose sopra il sale, et levatene alquante granella, le mangiò, et à baroni rivolto disse, che facessero il magazino serrare, havendo egli essequito. Di che dandosi ogn’uno uno grand’ammiratione, et dimostrando di non poter creder, che con questo atto il giovane havesse la fatta promessa osservata, soggionse egli di nuovo, che havessero pure la Reina di quanto havea operato ad accertare; che egli le harrebbe della operatione sua buonissimo conto dimostrato.

Onde fattole ciò da suoi baroni intendere, diede ordine, che 'l giovane alla presenza sua venisse. il quale dinanzi à lei giunto, et dimandato come intendesse coll'haver quattro sole granella di sale mangiate havere alla promessa sodisfatto, rispose, che chiunque mangiando coll'amico tanto sale, quanto egli al magazino si havea posto in bocca, non havesse ciò, che al debito dell'amicitia s'acconvenia, potuto conoscere, ne anco, ove quanto in dice magazini, non che in uno fusse capito, n'havesse mangiato, ciò harrebbe conseguito: Onde egli si faccia à credere di havere la promessa sua compiutamente essequita.

La qual risposta sendo alla reina sommamente piacciuta; per ciò che quella era che'l padre le havea per dichiaratione nel dubbio insegnata, lodato assai il giovane del sottile avedimento suo: – Un'altra cosa, disse, mi resta, laquale ove voi mi sappiate solvere, non huomini, mà dei fono per riputarvi.

– Et in questa anco, rispose il minore fratello, à me da il cuore madama di havere qualumque volta à voi piaccia à soddisfarvi –. Onde dato ordine, che la seguente matina havesse nel palagio reale à ritrovarsi, all'hora determinata venuto, et dinanzi alla Reina comparso, fatti tutti della camera sua uscire, solamente il primo suo consigliere, et il giovane seco ritenne: et aperta una cassettina cinque ova ne trasse, et al giovane rivolta disse:.

– Queste, come voi vedete sono cinqu'ova, et in questa camera noi tre soli ci ritroviamo. Onde havendo i due vostri fratelli sì alte prove fatte nel regno mio, ove voi anco sapeste di queste cinque ova senza alcuno romperne tra noi tre ugual parte fare, oserei di affirmare, che tre altri huomini à voi d'ingegno uguali nel mondo tutto non si potessero ritrovare.

– Picciol cosa, rispose il giovane, m'havete, Madama imposto –, et incontanente tollendo l'ova di mano alla Reina, tre dinanzi à lei postine, uno datone al consigliere, et l'altro tenuto per lui, – Eccovi, Madama, disse, le parti uguali senza romperne alcuno –. Mà dimostrando ella di nõ poter ciò credere, ove altra dichiaratione non le fusse dal giovane fatta, egli, dimandatone perdono, disse: – Le parti sono in questa guisa ugiali, che havendo il consiglier vostro, et io due ova per uno nelle brache, et voi nissuno, de cinque da voi datemi, tre à voi consignatene, uno al consigliere, et l'altro à me stesso, havendone tre per ciascheduno, le ho giustamente tra noi tre partite.

La qual risposta sommamente alla Reina piacciuta, tutto che arroscisse alquanto, al giovane dimostro d'esserle stata gratissima. Il quale da lei tolta licenza al palagio suo se ne ritorno. Onde rimasa ella col consigliere suo gli disse, che, poscia che al sommo Iddio era piacciuto, che que' giovani di si gran Re figliuoli fussero nel paese suo capitati, et le questioni loro proposte si prontamente le havessero saputo dichiarire, delle quali sino allhora per molti, che n'havesse interrogati, non havea ella potuto ritrovare chi alcuna soluta n'havesse, s'era diliberata, secondo l'ammonitione del padre di tentare d'haverne uno d'essi per isposo; et, come che tutta tre d'alto ingegno dotati fussero, quello disse à lei sommamente piacere, che la questione del sale con tanta prudenza le havea dichiarita.

La qual diliberatione dal consigliere approvata, gli impose, che devesse il seguente giorno co' giovani ritrovarsi, à quali isposta primieramente l'ammonitione del Re suo padre, il disiderio suo havesse à palesare, quello per nome di lei per isposo ricercando, che il dubbio del sale le havea chiarito.

Onde havendo il consigliere il commandamento essequito, co' giovani ritrovatosi, loro pienamente il disiderio della Reina racconto, quello per nome di lei per isposo ricercando, che le havea la questione del sale saputa dichiarire. Di che datasi essi grand'ammiratione, ne potendo à pena credere le parole del consigliere esser vere, tra loro primieramente per buon spatio consigliatisi, d'accettare si alto matrimonio diliberarono, et chiamato il consigliere dissegli quello, che havea ad essere lo sposo, che, poscia che dalla Reina erano lor stati dimostrati tanti segni d'amore, egli di quanto era da lei in nome suo, et de fratelli infinite gratie rendendole. Mà che essendo cosa giusta, che con saputa del Re lor padre, tutto che da lui fussero stati iscacciati, ciò havesse à seguire, haveano diliberato d'aviarsi nel lor paese per fargli il tutto, come ubidienti figliuoli, intendere, et con buona licenza di lui incontanente alla celebratione delle sponsalitie ritornare.

Onde, intesa cotale diliberatione de giovani dalla Reina, et che 'l matrimonio haveano accettato, fattili col consigliere alla presenza sua venire, secretamente datasi tra loro la fede, diede ordine, che lo specchio senza alcuno indugio fusse loro restituito, accio secondo la promessa da lei à Beramo fatta per essi riportato potessero nel paese loro andare, dove il Re del matrimonio accertando colla benedittione di lui havessero alla solenne celebratione delle nozze à ritornare.

Et in cotal guisa consignato à giovani lo specchio, lieti, et allegri oltre misura, et dalla Reina di preciosi doni presentati, partitisi, in breve tempo nel paese di Beramo arrivarono. Il quale inteso il ritorno loro, et che lo specchio haveano riportato, come che in non buoni termini per l'infermità sua si ritrovasse, parve nondimeno, che si rallegrasse alquanto, facendosi à credere, che da loro, i quali di si alto ingegno dotati conoscea, alla disaventura sua potesse esser alcuno compenso ritrovato.

Giunti dunque i giovani nella citta reale il consigliere primo alla presenza di lui comparve, et baciategli primieramente le mani, et del mal suo molto dispiacere dimostrando, et le prove da giovani nel paese della Reina, et come di Giaffer Re di Serendippo s’erano palesati d’essere figliuoli, et il seguito, matrimonio interamente gli ispose. Il che da Beramo inteso li fece incontamente alla presenza sua venire, et rese loro gratie infinite per lo spechhio, c’haveano riportato, et ad essi la disaventura per cagione di Diliramma avenutagli raccontata, pregolli ad essere contenti coll’ingegno, et dottrina loro alla grave sua infermita alcun rimedio di ritrovare. Percioche, ove eglino non l’havessero potuto aitare, era certissimo di dovere fra poco spatio di tempo della presente vita passare, non essendoli fin’ à quell’hora huomo veruno ritrovato, che al mal suo alcuno rimedio havesse saputo dare. Et posto c’hebbe fine al ragionamento suo dimostrado i giovani per cagione dell’infermita sua grandissimo dispiacere, gli disse il maggiore:.

A questa disaventura anco, Sire, spero che alcuno compenso tosto noi ritrovaremo, et sara questo: voi non guari luntano da questa città havete una grandissima, et dilettevole campagna. Quivi eglie di mestieri, ove voi vogliate la primiera sanita ricoverare, che sette bellissimi palagi variamente coloriti facciate fabricare, ne quali una settimana intera dimorando, habbiate in ciascheduno di quelli dal giorno del Lunedi cominciando una notte à giacere.

– Et oltre di ciò, disse il secondo, mandarete sette vostri ambasciatori ne sette climati del mondo; d’onde v’habbiano sette vergini de’ maggior prencipi figliuole, che in quelli si ritrovino, à recare, colle quai, una per palagio ponendone, in dolce, et piacevoli ragionamenti il tempo della settimana v'habbiate à tratenere –.

Il che poscia c'hebbe finito di dire, – Darete anco, – soggiunse il terzo ordine, che nelle sette città principali dell'imperio vostro sia bandito, che il più eccellente novellatore, che in qualunque di essi si ritruovi debba alla presenza vostra venire, perciò che alcuna bella novella raccontandovi, cò grandissimi doni nella lor patria lo rimandarete.

Onde commandando Beramo che le tre cose da giovani ricordategli havessero ad esser senza alcuno indugio essequite, datosi principio alla fabrica de' palagi, avenne, che in un medesimo tempo al tutto intiero compimento dato.

Et essendo i sette palagi fabricati, fattili riccamente adornare, et una vergine, et uno novellatore per ciascuno di quelli distribuire, fecesi, secondo 'l consiglio de' giovani, un Lunedi mattina per tempo nel primo palagio in una lettica condurre. Il quale essendo d'argento adornato, egli anco se stesso, et la famiglia sua tutta dì panni d'argento vestir volle. Quivi sopra uno bellissimo, et ricco letto coricatosi, percioche per l'infermità era debole, et fiacco assai, fece la vergine alla presenza sua venire, colla quale in varij, et dilettevoli ragionamenti per lungo spatio tratenutosi, passata alquanto l'hora di Vespro fece il novellatore chiamare. Il quale dinanzi à lui venuto, gli fu da uno de consiglieri imposto, ch'alcuna bella novella havesse à raccontare. Onde egli al commandamento presto, baciate primieramente le mani all'Imperadore comincio in guisa tale:.